Cominciamo dal principio, quali strumenti abbiamo per proteggere colture agrarie dalle calamità?
La natura dei rischi per le imprese agricole negli ultimi decenni si è arricchita notevolmente, vedendo accentuata la potenziale pericolosità di ognuna delle diverse tipologie di rischio: di produzione, di mercato, finanziario, istituzionale. Il punto centrale, spesso sottovalutato, è che stanno emergendo nuove esigenze da parte delle imprese, che sicuramente richiederanno un processo di riforma radicale dell’offerta degli strumenti di trasferimento del rischio (assicurativi, finanziari e mutualistici) e più in generale dell’intervento pubblico ex ante ed ex post.
Ripassiamo un po’ di storia?
In Italia, come in molti paesi sviluppati, dal 1970 esiste una struttura articolata di intervento pubblico a garanzia del danno di produzione degli operatori del settore primario. Un ruolo prioritario è stato relegato ai sussidi per i premi delle polizze assicurative e agli interventi ex post a compensazione dei danni in caso di calamità. Ecco, questa impostazione ha generato una percezione terribilmente infondata che la gestione del rischio fosse identificata nell’immaginario con la stipula di una polizza assicurativa. Cosa evidentemente priva di fondamento teorico. In questa ottica può essere opportuno introdurre uno schema di classificazione tridimensionale che distingue gli eventi che generano rischio secondo i gradi o livelli di: frequenza, intensità del danno e correlazione. Anche se magari nessun evento reale corrisponde perfettamente a una di tali forme estreme, la classificazione serve a sottolineare l’evidente necessità di un ricorso congiunto a più strumenti e a più politiche per poter garantire la resilienza economica delle aziende agricole in uno scenario così complesso dal punto di vista dei mercati e della variabilità e intensità degli eventi meteorologici.
Ok, benefici, fallimenti, approcci diversi?
Il punto centrale che emerge dall’analisi delle politiche per la gestione del rischio di reddito in agricoltura in Italia è di un sostanziale fallimento dell’intervento pubblico: si è persa di vista l’assoluta complessità dell’interazione tra i diversi rischi che accompagnano l’attività agricola, sperimentando un intervento pubblico quasi univocamente teso al sostegno delle assicurazioni agricole, dimenticando il ruolo possibile di altri strumenti e strategie aziendali. Tanto è vero che il risultato dell’intervento pubblico nel settore delle assicurazioni agricole in Italia può essere sintetizzato in pochi punti: scarsa partecipazione delle aziende agricole (mai superiore al 20% di PLV assicurata negli ultimi 15 anni); enorme divario tra aree diverse del paese (80% della PLV assicurata si concentra in poche province nel nord del paese); creazione di un portafoglio anti selettivo con crescenti costi di riassicurazione del portafoglio assicurativo (si assicurano soltanto le aziende che si riconoscono “rischiose” rispetto ai parametri del contratto assicurativo); il 51% del budget della Misura Nazionale scelta dall’Italia per la Programmazione 2014-2020 è garantito da sei regioni; circa il 30% dei fondi della Misura Nazionale è assorbito da Trento e Bolzano che rappresentano in valore meno del 3% della Plv vegetale nazionale. Insomma, viviamo un tempo in cui il coraggio è fondamentale per eludere la protezione miope dello status quo. Di realismo, oggi, si muore; ed a morire non saranno soltanto gli agricoltori. È utile proporre nuovi approcci di cui parlo in maniera estesa qui (https://agrifoglio.ilfoglio.it/lezioni-private/rimedi-finanziari-contro-le-turbolenza-del-cielo/)