Vogliamo con questo numero celebrare due persone, poco o per nulla ricordate, che con il loro lavoro hanno contributo a migliorare il mondo, anzi l’hanno proprio cambiato: Norman Borlaug e Rachel Carson. Del primo ricorre il 120º anniversario della nascita (25 marzo 1914), della seconda i 60 anni dalla morte (il 14 aprile 1964).
Norman Borlaug è stato l’uomo che ha “nutrito il mondo “: agronomo, ambientalista e ideatore della Rivoluzione Verde. Per il suo impegno nella lotta contro la fame nel mondo, ottenne il riconoscimento del Premio Nobel per la pace nel 1970, ad oggi l’unico scienziato agrario ad avere ricevuto tale Premio. Nato a Cresco, piccola comunità dell’Iowa, da una famiglia di agricoltori di origine norvegese, si laureò in Agraria per poi specializzarsi in Patologia vegetale all’Università del Minnesota.
Prima della fine della Seconda guerra mondiale divenne responsabile del centro di ricerche delle malattie genetiche vegetali con sede in Messico. I suoi studi, condotti incrociando cereali di varietà diverse, portarono alla costituzione di colture di frumento di piccola taglia, resistenti all’allettamento e al clima mesoamericano. In Messico, grazie al suo lavoro, anni dopo fu raggiunta l’autosufficienza alimentare.
Oltre al Messico lavorò con successo anche in Egitto, India e in molti altri paesi, dove Borlaug sperimentò anche qui i suoi metodi ottenendo grani molto più produttivi e resistenti alle malattie: è considerato tra gli scienziati che al mondo hanno salvato più vite umane dalla sicura morte.
Con la Rivoluzione Verde cambiano molti parametri legati alla mortalità infantile e alla aspettativa di vita. Non per niente l’economista Robert W. Fogel (uno dei maggiori studiosi della fame e della povertà) rubrica il XX secolo sotto la voce remarkable. Il secolo durante il quale mangiando meglio (dunque rafforzando il nostro apparato immunitario) e poi con i vaccini, antibiotici e le fognature, abbiamo sconfitto le tre piaghe che hanno condannato i nostri predecessori a una vita più difficile della nostra.
Se siamo vivi e se siamo 8 miliardi, con tutti i benefici e i danni, lo dobbiamo anche alla Rivoluzione Verde.
Della Rivoluzione verde (ossia nutrizione delle piante, miglioramento genetico e agrofarmaci) se ne parla molto male. Però non consideriamo che ne possiamo parlare male solo perché abbiamo altro di cui occuparci. Cioè la Rivoluzione Verde ci ha affrancati dalla fatica della terra e dalla imprevedibilità del cielo, e ha anche aperto la strada al rispetto dell’ambiente: sei hai fame e hai bisogno di terra, metti su una guerra col minimo cavillo.
Ma è giusto ricordare anche un’altra scienziata, la biologa marina Rachel Carson, il cui lavoro è stato il punto d’origine della formazione dei moderni movimenti ambientalisti, quindi, possiamo rubricarla come la capostipite, quella che ha fatto nascere nell’animo delle persone una coscienza sensibile alle problematiche ambientali.
Il suo lavoro ha suscitato numerosi dibattiti proprio sulla Rivoluzione Verde, ovvero sull’uso indiscriminato degli agrofarmaci e, più in generale, sulle tematiche ambientali. In Occidente le questioni da lei sollevate, sempre in relazione a tali sostanze, hanno portato ad una vera e propria rivoluzione intellettuale nel modo in cui gli uomini si approcciano all’ambiente circostante.
Norman Borlaug e Rachel Carson sono spesso visti in opposizione, si dice la rivoluzione verde ha fallito, difatti il lavoro della Carson è la prova quel fallimento.
E invece sono necessari entrambi. Studiare, leggere e apprezzare il loro lavoro non significa scegliere l’uno o l’altro, ma al contrario riflettere e integrare sui contribuiti di entrambi non possiamo fare a meno di mangiare, per questo abbiamo cercato e trovato con molta lentezza delle soluzioni. Nemmeno possiamo fare a meno di valutare i costi e benefici di queste soluzioni.
La storia umana non va avanti per progressi continui, va avanti perché troviamo, e spesso casualmente, alcune soluzioni che ci fanno uscire da una trappola, ma finiamo poi per creare un’altra trappola da cui dobbiamo uscire: sarà così fino alla fine dei nostri tempi, meglio quindi ragionare ad ampio spettro con tutti gli strumenti tecnici e critici che abbiamo a disposizione.
Forse il diritto alla felicità non si può esprimere senza un diritto all’inquietudine: pratica, teorica, critica. Cominciamo da Rachel Carson.