Se chiedete a un tecnico: quali sono le sfide che l’agricoltura deve sostenere e vincere, il sopracitato tecnico, come una nenia, vi risponderà sempre in questo modo: visto e considerato l’aumento della popolazione (come sappiamo, potrebbe cominciare a decrescere quando avrà toccato punta di 10/11 miliardi, dicono le proiezioni), visto e considerato i cambiamenti climatici, è di fondamentale importanza, non solo aumentare le rese ma anche la qualità dei prodotti e infine proteggere la biodiversità.
Bene, ma come? Gli strumenti a disposizione sono tanti, ognuno fa un buon pezzo di lavoro e la loro applicazione dipende da svariati fattori, e comunque numerose ricerche hanno dimostrato che i biostimolanti permettono quantomeno di aumentare la rese della colture attraverso tre meccanismi che come se camminassero a braccetto o in paranza interagiscono fra loro: a) aumentano la disponibilità di elementi nutritivi nel suolo; b) stimolano la crescita radicale; c) promuovono l’attività di quegli enzimi coinvolti nei processi di assimilazione dei nutrienti.
Per esempio, gli acidi umici (che oltre a mantenere alcune caratteristiche fisico chimiche del suolo) agiscono sul metabolismo, stimolando per esempio la rizogenesi, sia aumentano la disponibilità dei nutrienti (che in alcune pratiche agricole o in alcuni terreni, vedi quelli sabbiosi, possono scarseggiare e perdersi per lisciviazione, in un batter d’occhio), sia incrementando la capacità del suolo di trattenerli, sia infine facilitando il passaggio da forme inutilizzabili a forme pronte per l’assorbimento.
Ancora, l’assorbimento è direttamente proporzionale al genotipo delle piante, alle condizioni ambientali e ai microrganismi del suolo. Poi, ovvio, le radici sono la precondizione necessaria.
Bene, alcuni biostimolanti, come alcuni estratti dalle alghe marine (immaginate un contenitore con sostanze varie e complesse, polisaccaridi, acidi grassi, vitamine, fitormoni), possono stimolare la crescita e lo sviluppo dell’apparato radicale, così che le radici possano esplorare meglio il suolo e ancora meglio assorbire (su cosa attivano ci sono numerosi ma recenti studi).
Infine, i biostimolanti possono promuovere la biosintesi degli enzimi coinvolti del processo di assorbimento e dunque migliorarlo. Forse alcuni geni enzimatici, responsabili del metabolismo dell’azoto, si esprimono meglio, dopo l’aggiunta di biostimolanti.
Ci sono molte potenzialità nei biostimolanti. Pensate solo alla riduzione dei fertilizzanti azotati. Naturalmente, come suggerisce una pubblicità, noi siamo scienza e non fantascienza, quindi è necessario proseguire le ricerca affinché, grazie a un metodo certosino, si possano ottenere risultati misurabili e riproducibili, per esempio, ottenere, grazie ai biostimolanti, rese superiori o paragonabili con un ridotto uso di fertilizzanti. Quindi, senza ricerca e un lavoro sistematico non è ancora corretto dire che il più è fatto: c’è ancora tanto da sperimentare.