Prima di tutto:grazie allo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, disciplinari di produzione, investimenti in ricerca, soprattutto privati, e una severa revisione delle molecole che si usavano nel decennio ’70 e gli ’80 (il cosiddetto boom della chimica),l’uso degli agrofarmaci qui in Italia è in forte contrazione dal 1990.
Sono cambiate anche le misure. Oggi con venti grammi di una solfonilurea si può diserbare un campo che prima necessitava di alcuni litri dei prodotti di prima generazione. E per giunta le nuove molecole sono anche migliori dal punto di vista tossicologico e ambientale.
Le tonnellate dei formulati commerciali sono calate del 38,5%. Quelle delle sostanze attive impiegate, cioè quelle che di fatto combattono patogeni, malerbe e parassiti,sono calate del 43,7%. I soli insetticidi sono calati del 57%. Non solo di quantità si tratta, ma di qualità: vi sono oggi agrofarmaci meno tossici rispetto a gran parte dei prodotti usati in casa per lavare e igienizzare. Questo perché rispetto al 1990, nel volgere di pochi anni, il 67% delle molecole impiegate è uscito dal mercato, in quanto obsoleto e non più in linea con i nuovi criteri autorizzativi, molto più stringenti rispetto ai precedenti. Nella sostanza, solo 300 molecole su mille hanno superato la selezione.
Tutto ciò si deve anche al quadro normativo che disciplina la sicurezza e controllo. Il suddetto quadro (in sintesi fa riferimento alla Direttiva, la 1999/45/CE, e due Regolamenti, (CE) 1272/2008 e (UE) 453/2010 che modificano Direttive e regolamenti precedenti), impone che le molecole usate devono essere testate, poi dichiarate, poi suddivise in base alla natura del pericolo e in classidi pericolo. A loro volta, poi, suddivise in categorie che ne specificano lagravità e indicate in etichetta con pittogrammi e i simboli di pericolo.
Infine, sono obbligatori in etichetta i consiglidi prudenza. Per rendere l’idea, ad ogni consigliodi prudenza corrisponde un codice alfanumerico composto dallalettera P seguita da 3 numeri, il primo numero indica il tipo diconsiglio (P1 = carattere generale, P2 = prevenzione, P3 = reazione,P4 = conservazione, P5 = smaltimento), i due numeri successivicorrispondono all’ordine sequenziale di definizione.
Quindi in questo settore, per fortuna, non esistono agrofarmaci fai da te e nemmeno è possibile spargerli al vento, insomma si devono usare in maniera razionale e nei limiti consentiti. Non solo, le industrie chimiche prima di mettere sul mercato i loro preparati devono affrontare molti e costosi test: alla fine per un singolo agrofarmaco si arriva a spendere anche 120 milioni di euro.
Che poi è cosa buona e giusta: la sicurezza prima di tutto.
Per saperne di più e meglio, leggete lì intervista a Donatello Sandroni e il manuale tecnico per uso e limitazioni di agro farmaci
https://www.ilpost.it/antoniopascale/2020/08/10/i-pesticidi-fanno-meno-male-di-quanto-pensiamo/