Sono state tre innovazioni a farci entrare di botto nel mondo dell’abbondanza, chimica, meccanizzazione, genetica. Difatti, la produzione di grano è rimasta invariata: da un ettaro di terreno si ricava una tonnellata di frumento. Questo rapporto è stato costante dall’epoca romana fino ai primi del Novecento. Grazie alla sintesi dell’azoto – i primi formulari sono stati messi in commercio intorno al 1913, ma è solo dopo la seconda guerra mondiale che i concimi sintetici si sono diffusi – abbiamo nutrito la pianta e la produzione è cresciuta in maniera esponenziale: con un paniere di beni più esteso l’apparato immunitario si è rafforzato, poi antibiotici, vaccini, bagni piastrellati, fognature hanno fatto il resto.
Come scriveva Leopardi nello Zibaldone un giardino sembra bello solo da lontano, se ti avvicini ti accorgi che c’è una guerra in corso, con morti e feriti. Insomma, la natura è un ospedale. Verissimo, le piante coltivate senza la tenda ad ossigeno, ovvero le nostre cure, non potrebbero sopravvivere: ma le cure costano. Quindi più abbondanza, più salute, meno mortalità infantile, significa più cura delle piante (protezione dai patogeni, irrigazione, semi ad alta germinabilità e genetica per migliorare alcune qualità delle piante che ci tornavano utili) e più costi.
Del resto, senza la tenda ad ossigeno ci tocca cacciare e raccogliere i frutti della natura, ma così possiamo sfamare 10 milioni di persone, il che non sarebbe male, ma nessuno si candida a morire: sempre lo stesso paradosso. Oppure con un’agricoltura ferma ai ritmi del Novecento avremmo una popolazione di 2 miliardi, dei quali, però, tantissimi dovrebbero (come mio nonno) spalare letame, una pratica non molto “instagrammabile”.
Il mondo rurale aveva meno problemi di contaminati ma era inquinato dalle guerre: è esperienza comune che per i primi tempi la produzione su un terreno nuovo aumenta, poi dopo qualche anno le piante assorbono elementi nutritivi e la fertilità cala. Sono di grande aiuto colture intercalari, e il letame, ma c’è bisogno di parecchie tonnellate a ettaro per garantire un buon apporto d’azoto. Le guerre si facevano anche per conquistare nuove terre da mettere a coltura.
Osserviamo proprio il paradosso dell’azoto. L’elemento è necessario in quantità così grandi perché si trova nella clorofilla la cui stimolazione alimenta il processo fotosintetico. L’azoto è anche negli acidi nucleici del DNA e del RNA e negli amminoacidi. E per paradosso, appunto, è un elemento molto abbondante in natura, costituisce quasi l’80% dell’atmosfera ma non è sintetizzabile facilmente dalle piante.
Sono pochi i processi naturali capaci di rompere il legame della molecola presente nell’atmosfera (N2) e rendere questo elemento disponibile per le piante. Per esempio, i fulmini riducono l’azoto in ossidi azoto che si sciolgono nella pioggia e formano i nitrati che fertilizzano poi le foreste i campi e le praterie dall’alto. Ma ovviamente questo apporto naturale è troppo modesto per produrre raccolti capaci di sfamare gli 8 miliardi di persone del pianeta, tutti tra l’altro così ansiosi di vivere al meglio, di seguire i propri sogni, mettere su aziende virtuali o diventare influencer e viaggiare gratis.
Nei lunghi millenni dell’agricoltura rurale, l’azoto è stato il fattore limitante, per il mondo di oggi, è un fattore determinante. Tuttavia, il processo della sintesi dell’ammonica impiega molta energia, e per di più, l’azoto tende a lisciviare, cioè può finire (e infatti finisce) nelle falde. Che dire, è un sogno: mangiamo, costruiamo una civiltà. Però inquiniamo e questo è un incubo. Nel paese di Pinocchio l’unico modo di avere azoto consisteva nel raccogliere le deiezioni umane o animali. Ma si tratta di un metodo inefficiente. Gli escrementi hanno un contenuto di azoto molto basso, perché se i bovini non mangiano piante ricche di azoto non restituiscono azoto. E per di più, il letame è soggetto a perdite per evaporazione (cioè, la conversione dei liquidi in gas: l’odore di ammoniaca emesso dal letame può essere soffocante). Poi vero, dal letame nascono i fiori ma quanto letame ci vuole? Nel mondo rurale, con meno di 1 miliardo di persone, il concime andava raccolto nei villaggi e fatto fermentare in cumuli e sparso sui campi, in quantità enormi, in genere 10 tonnellate con picchi di 30 tonnellate (contro i 120/150 quintali di azoto/ha distribuito con i concimi sintetici). Un’operazione che richiedeva almeno un quinto, e a volte persino un terzo, del lavoro totale.
Oggi, preparare simili quantità di letame per otto miliardi di persone sarebbe difficile– a parte che l’azoto presente nel letame potrebbe lo stesso inquinare le falde.
Tuttavia, il lavoro che i fulmini riescono a fare, è compiuto anche da un enzima che viene prodotto dai batteri presenti sulle radici di alcune leguminose: soia, fagioli comuni piselli, lenticchie e arachidi fanno tutto da sole. Purtroppo, le colture più diffuse – mais, riso, cereali, tuberi, oli da girasole – non hanno questa associazione. Certo, sono di grande aiuto le rotazioni, e infatti sono largamente diffuse e consigliate da tutti gli agronomi, ma appunto si pone un problema: quanti ettari di terreno vanno usati per ospitare queste colture, e per quanto tempo? Una soluzione? Cercare di modificare i batteri affinché riescano ad associarsi anche ad altre colture. Sarebbe un risparmio enorme non usare più ammoniaca e un modo per non tornare all’agricoltura rurale (dati tratti da Come funziona il mondo di Vaclav Smil, Einaudi editore)