A intervalli più o meno regolari un patogeno si fa strada e, con le armi messe a punto dalla selezione darwiniana,attacca (mangia) questa o quella coltura. Conseguenze? Danni di vario tipo, ai coltivatori che perdono parte della produzione, alle casse dello Stato (perché poi in qualche modo bisogna trovare i fondi per rimborsare le perdite) e infine ai consumatori.
Il cittadino non se ne avvede, un po’ perché sono notizie da stampa specializzata, un po’ perché siamo abituati ad andare al supermercato, o nei mercati, e trovare sui banchi ogni ben di Dio. Dunque, alla fine ci sfugge o ignoriamo il complesso processo che c’è dietro sia alla catena logistica necessaria a far arrivare il prodotto dai campi ai banchi, sia a quella necessaria a limitare i dannicausati dai suddetti, affamati, patogeni.
Ora, non per rovinare la settimana ai gentili lettori ma conviene indagare sul fenomeno. Del resto, uno dei nostri settori di vanto è proprio quello frutticolo. Indagare significa conoscere e conoscere significa prevedere (prendendo in prestito dalla Fisica questa definizione). Dunque, è beneconoscere questo triste ma inevitabile fenomeno, i patogeni che insediano, attaccano e mangiano i prodotti che pure noi desideriamo mangiare: se questo fenomeno lo conosciamo impariamo a prevederne gli effetti e, con i giusti mezzi, a mitigarli.
Il quadro è complesso, come si dice. Il settore frutticolo è particolarmente esposto ai cambiamenti climatici. Ciò vuol dire che temperature non ottimali o fuori scala impattano sul ciclo di coltivazione delle piante (sfasamenti dei periodi di fioritura e raccolta), sulla qualità dei prodotti e,soprattutto, e qui veniamo al punto, sulla capacità di protezione dai patogeni e parassiti. E purtroppo, sempre più spesso si verificano le condizioni ideali per costruireuna strada privilegiata per nuovi e vecchi patogeni. Anche perché abbiamo meno molecole per combatterli (è richiesto dai programmi comunitari).
Esempi? Tantissimi purtroppo.Il triste e noto connubio Olivo e Xylella (il batterio che in pochi anni ha distrutto quasi interamente un areale produttivo), oppure le nostre variopinte Drupace e il virus delloSharka(diffuso ormai nelle principali aree di coltivazione).
E poi ci sono le pere. Coltivate per oltre l’80% in Romagna e in parte in Veneto. Siamo tra i principali esportatori di pere in Europa, un grande vanto. Ma da qualche anno il pero è attaccato da un patogeno funginio lo Stemphylium, l’agente della maculatura bruna, una brutta, grande e antiestetica macchia bruna sui frutti. Le pere si deprezzano e perdono gran parte della loro polpa.
Dobbiamo far qualcosa, vero? Ci vogliano strumenti nuovi. Oppure dobbiamo migliorare quelli soliti, gli agrofarmaci sono fra questi. Lo so, la parola spaventa. Ci credo, a tutti noi piacerebbe un mondo ideale, libero da patogeni, paradisiaco, dove il lupo non mangia l’agnello e il fungo non attacca la pera. Difficile che questo diventi realtà, ma possiamo lottare per limitare i danni dei patogeni costruendo nuove molecole, meno invasive più efficaci. Queste molecole ci sono già, e sempre di nuove ne verranno messe a punto, ma purtroppo, in pochi lo sanno. Ma noi proviamo intanto a dare alcuni numeri ed elaborare alcuni scenari.
http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/61461/in-primo-piano/il-dramma-delle-pere-italiane