Mio padre, ormai ottantottenne, ha ancora oggi un buon rapporto con pecore e capre. Nel senso che, quando riesco a portarlo in montagna, in una località nel centro geometrico del massiccio del Matese, Bocca della Selva, dove abbiamo casa, un luogo immerso in una faggeta e percorso da mandrie di vacche podoliche e gruppi di pecore, capita spesso che il gregge lasci il pastore e circondi mio padre: a miei occhi è una specie di girotondo allegro.
Poi mio padre comunica anche con le pecore, a versi. Che gli rispondono anche, e circondato dal gregge dimostra anche una buona tolleranza agli orribili mosconi che seguono i greggi a che, per quanto mi riguarda mi fanno impazzire seduta stante, tanto che sogno DDT di nuova generazione per sterminarli tutti.
Ottimi rapporti anche tra mio padre, cani e gatti (molto meglio questi ultimi), nonché varie specie di uccelli. La confidenza che mio padre mostra verso gli animali e la facilità con cui questi ultimi preferiscono avvicinarsi a lui e non a me dipende, molto probabilmente, dal suo passato contadino, quando da ragazzo portava a spasso pecore e capre, mungeva vacche e sì, uccideva galline e conigli.
Una questione di postura, gesti, linguaggio corporeo che mio padre ha introiettato, un codice incarnato che, come succede spesso, quando invecchi torna in superfice per esprimersi al meglio, forse si potrebbe trattare di un rigurgito di giovinezza, non solo quella di mio padre: in fondo quel codice è una traccia dell’allevamento, dell’addomesticamento, della macellazione e anche della venerazione che fin dagli albori della nostra storia abbiamo costruito con e contro gli animali.
Oggi la sensibilità verso gli animali è per fortuna aumentata, una gran bella cosa. Colpisce invece che, di pari passo, non è aumentata la conoscenza degli animali. L’etologia è ancora una materia sconosciuta ai più e questo causa una serie di fraintendimenti tra linguaggio umano e animale che il più delle volte si risolve in una sorte di disneyzzazione del mondo animale, che bene non fa.
Parliamo allora di etologia animale, di quel codice che alcuni di noi possiedono e altri studiano. A questo proposito consigliamo un gran bel libro di Giulia Corsini (ospitiamo su Agrifoglio una lunga intervista): Salvare gli animali, il viaggio di una veterinaria per decifrare il mistero del rapporto uomo-animale (UTET). In questo libro Corsini, veterinaria, ha raccontato ambienti molto diversi (dai circhi agli allevamenti) e come ognuno di questi ponga problemi pratici, etici e filosofici diversi. Per esempio: se lo scoiattolo grigio americano mette a repentaglio la sopravvivenza dello scoiattolo rosso europeo, che cosa bisogna fare?
Ancora, si può salvaguardare il benessere animale anche in un allevamento da macellazione? Il boom degli animali da compagnia è solo un business che genera gatti stressati e cani depressi? E che cosa succederebbe davvero se chiudessimo tutti gli zoo e i circhi? Più in generale: siamo sicuri che le nostre idee comuni sugli animali, domestici o selvatici, corrispondano alla realtà?