L’autunno è il tempo del foliage. Prendete i faggi le cui foglie assumono colorazioni rossastre. Cadono con un suono delicato, un fruscio. Il sottobosco è un tappeto di rame e oro, splendido, magico: i pigmenti della clorofilla si degradano e lasciano nelle foglie solo zuccheri e altri pigmenti, come le antocianine: sono loro le responsabili dei colori autunnali. Il foliage, appunto.
Ora è in voga una tecnica per stabilizzare i rami dei faggi che permette di fissare il colore delle foglie, così che il rosso rimanga rosso per molto tempo.
È un modo per celebrare la mezza età che ormai è fissata intorno ai 50 anni, come dire: ci stiamo facendo vecchiarelli, ci vuole un colore speciale che rappresenti uno stato d’animo particolare, né verde primaverile ma neppure quel viola del crepuscolo in montagna che inevitabilmente va verso il nero.
Quindi se guardiamo tutto in prospettiva e acquistiamo uno sguardo a lungo raggio (che prescinde dalla nostra breve esistenza), potremmo dire che il fotoperiodo influenza il germogliamento primaverile e che i rami di faggio, stabilizzati e no, sembrano suggerire che a cinquanta, a sessanta, a settant’anni si è splendidi e colorati per sempre, perché la fioritura continua e le antocianine possono fare miracoli. Mica solo nel verde c’è la giovinezza.