Facciamo l’elenco: ci sono gli insetti, i patogeni, i batteri, i virus e le cavallette: e questi sono quelli di piccola taglia. Consideriamo pure le big size, e allora si contano varie specie di erbivori e poi le tartarughe, i simpatici koala, gli elefanti (che pure sono simpatici) e insomma tutti vogliono mangiare le piante (pure noi). Ci credo, oltre l’acqua ci sono decine e decine di sostanze nutritive nelle piante. Ma questi pretendenti non sono sempre desiderati, quindi come fanno le piante a difendersi?
Lo fanno in diversi modi. Se fosse un film potremmo intitolarlo: lo straordinario corso di difesa personale delle piante.
Prima di tutto ci sono le difese esterne. La corteccia, per esempio. Così ricca di lignina, una rete di composti difficili da masticare e da penetrare, o la cuticola impermeabile che ricopre le foglie, scoraggiando buona parte degli insetti. Poi ci sono le spine visibili e le spine più piccole, simili a peli uncinati ma ugualmente efficaci nello scopo. I fagioli sono micidiali, i suddetti uncini sono come un pugnale tirato fuori a tradimento per uccidere le cimici.
Mettiamo poi in conto le sostanze irritanti. La miscela di istamina e di altre sostanze delle ortiche o varie sostanze tossiche, allucinogene contenute nei tricomi in alcune foglie. Oppure le piante usano trucchi, una specie di cavallo di Troia. Per esempio, alcuni erbivori danno un bel morso al kiwi, al rabarbaro, all’ananas oppure a una foglia di spinacio, ebbene, si trovano ad assorbire minuscoli cristalli a forma di ago, chiamati rafidi che prima causano tagli nella bocca del predatore e poi rilasciano sostanze irritanti.
Toccate una foglia di mimosa e questa si piega e il movimento stesso spaventa l’insetto. Tra l’altro il meccanismo che produce il movimento è affascinate: al tocco si produce una scarica elettrica che dal lembo della foglia arriva alla base, le cariche elettriche come una calamita attirano l’acqua fuori dalle cellule e così le foglie con meno acqua si ripiegano, come sgonfiare una ciambella: si formano le grinze.
Queste sono solo le difese esterne e infatti non finisce qui. Le piante non hanno un sistema immunitario come il nostro, insomma niente anticorpi, ma hanno cellule con recettori specializzate per riconoscere un potenziale pericolo. In sostanza inviano un segnale all’intera pianta che reagisce cercando di bloccare il patogeno, magari ispessisce la cuticola o sigilla i pori.
E se ci lamentiamo delle nostre quarantene, è utile sapere che anche le piante, e senza i preposti DPCM, riescono a bloccare le infezioni distruggendo la parte infetta, dunque sacrificano una loro parte per isolare il patogeno e limitare quindi il cammino dell’infezione.
Vogliamo parlare dei composti tossici? L’aspro odore del cavolo è dovuto allo zolfo, ebbene questa sostanza è stata prodotta milioni d’anni orsono in risposta a un attacco di lepidotteri. Ma vanno considerate anche la nicotina, il mentolo e altre sostanze spesso usate anche da noi. E non solo, si stanno scoprendo altri e variopinti meccanismi di difesa.
Nel caso del pomodoro alcuni di questi meccanismi sono raffinati: la pianta riesce ad avvisare le piante vicine del pericolo.
Quelle di cotone invece possono chiedere aiuto a rinforzi esterni, per esempio rilasciando una dozzina di sostanze nell’aria che attirano una vespa. Questa vespa ha l’abitudine di deporre le uova proprio nei bruchi che parassitano la pianta, quindi in sostanza li uccide.
Quando poi le piante non riescono a difendersi a dovere e quindi non garantiscono buone produzioni, allora interveniamo noi umani (che vogliamo la stessa cosa dei patogeni: mangiare frutti o parti delle piante), spesso con composti simili a quelli prodotti dalle piante stesse.
Più studiamo le piante, più capiamo come funziona il loro straordinario corso di difesa personale e nel futuro potremmo variare meglio i metodi di lotta agronomica, cercando quelli più sostenibili.