Di seguito elenchiamo alcune delle attività umane che hanno incentivato e globalizzato la diffusione di malattie, e impegnato l’uomo a scoprire nuove fonti profilattiche. A) Irrigazione: nel XX secolo le terre irrigate si sono quintuplicate. Questa trasformazione è stata una vera festa per vermi e zanzare, spesso vettori di batteri e virus: malaria, schistosomiasi, oncocercosi, filariasi, per fare qualche esempio più noto. Gli specialisti sanno che tutte le malattie tropicali sono trasmissibili per via irrigua. Gli epidemiologi fanno spesso riferimento al caso Egitto. Dopo l’innalzamento della diga di Assuan (1934) i sistemi di irrigazione furono migliorati e resi estensivi, così nel 1942, mentre le truppe tedesche invadevano il paese da ovest, il Plasmodium falciparum, detto anche portatore della malaria maligna, lo invase da sud, moltiplicandosi esponenzialmente per via irrigua. Morino 130 mila egiziani. Il personale della Rockfeller Foundation eliminò la zanzara nel 1944-45.
B) Trasporti: macchine e mezzi di locomozione diffondono più velocemente virus e vettori di infezioni. L’Anophles gambie, zanzara efficientissima nella trasmissione della malaria, arrivò dall’Africa in Brasile per via aerea, cioè trasvolando l’oceano in un aereo nel 1930.
C) Movimenti degli uomini: i movimenti militari alla fine della grande guerra, trasformarono l’influenza in una pandemia globale (spagnola).
D) Turbativa dei tropici: nella Tanzania nordorientale il controllo coloniale esercitato dalla Germania sconvolse il tessuto sociale. I tedeschi ridussero notevolmente i redditi dei proprietari ricchi che smisero di dar da mangiare ai poveri nei periodi di siccità (questi ripagavano la generosità prestando lavori servili).
La fame costrinse molti a emigrare e, come accade in questi casi, la popolazione rimasta era troppo poca e poco motivata per tenere a bada la foresta e continuare a incendiarla (si chiamano incendi utili) per contrastare la mosca tze tze. Dunque, la tripanosomiasi (il protozoo che causa la malattia del sonno) imperversò causando la morte di uomini e animali.
Oggi molti sconvolgimenti dell’ecologia tropicale (e i tanti viaggiatori che vogliano viaggiare per provare emozioni diverse) stanno dando il via libera a parecchie infezioni: la febbre emorragica, detta dengue, fece la comparsa nel Sudest asiatico negli anni ‘40. Il virus Ebola si registrò nello Zaire nel 1960.
L’Aids, responsabile di 2,5 milioni di morti, tanto da essere considerato al quinto posto tra le cause di morte, pare derivare dall’incremento dell’attività economica nelle foreste tropicali. Proverrebbe infatti dallo scimpanzè dell’Africa e avrebbe trovato ospitalità in un uomo intorno al 1959. Dopo aver vivacchiato in Africa centrale, alla fine degli anni ’70, l’infezione sarebbe esplosa, anche in seguito alla guerra angolana e ai frenetici spostamenti in massa delle truppe, alla migrazione della forza lavoro.
E) Urbanizzazione. Nelle campagne, nei villaggi, le epidemie si spegnevano da sole (dopo aver ammazzato gran parte degli abitanti), proprio perché, vista la difficoltà di spostamento, era difficile il passaggio da villaggio a villaggio. Paradossalmente, le migliori condizioni di salute, dovute all’uso di vaccinazione antibiotici, hanno portato molte persone a emigrare, occupando così le città e urbanizzandola in modo intensivo e estensivo. La densità della popolazione per mq significava, per virus e batteri, più corpi da poter invadere.
Si potrebbe continuare all’infinito e di volta in volta ci chiederemo se i costi del progresso non siano così dolorosi da farci desistere da ogni sforzo nella conoscenza e cercare di fare meno danno possibile muovendosi e pensando il meno possibile. La questione si riduce al fine al bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Un’ecologista radicale direbbe che è vuoto, una scientista che è pieno. Uno scienziato moderno ci fornirebbe la misura e poi direbbe: a voi la scelta e l’azione. È importante comunque sapere che anche la non scelta non ci libera da rischi.