Il consumo di alcol pro capite in Italia ha subito un notevole cambiamento. Nel 1970 si consumavano (pro capite annuo) 114 litri di vino e 12 di birra – nel 1974 in vacanza a Rimini, mio padre mi fece assaggiare, di nascosto da mia madre, un sorso di birra Lowenbrau che, dicevano i grandi, si trovava solo in Romagna. Nel 2018 il consumo di vino (pro capite annuo) è sceso a 34 litri e quello di birra anche è 34 litri.
In Spagna il declino della dieta mediterranea è stato anche più veloce. Agli spagnoli piacciono ancora pesce e molluschi, ma hanno abbandonato i cereali, le verdure e i legumi. E l’olio di oliva fornisce meno della metà dei grassi consumati nel paese. Stessa sorte per il vino. Gli spagnoli bevono 20 litri di vino a testa e quasi 40 litri di birra all’anno. Gli spagnoli sono ormai a tutti gli effetti bevitori di birra, quanto lo sono i tedeschi e gli olandesi. Infine, nel 1975 quando Franco morì e in Spagna riprese finalmente la movida e la gioia di vivere, i consumi di carne si attestavano a 20 chili pro capite annui. Ora siamo 100 chili.
Come mai? La diffusione globale del cibo grasso da fast food, salato, zuccherato e a base di carne, sta mettendo in crisi un modello alimentare?
Diciamo la verità, vista l’epidemia di obesità, questo è forse uno dei pochi vantaggi del mondo tradizionale rispetto a quello moderno.
Oppure le ragioni sono più ampie? Redditi più elevati sono correlati a un più forte consumo di carne e zucchero. Le famiglie tradizionali, con i loro rituali che sì ricordiamo, ma non scevri da imposizioni alimentari o da ruoli statici per le donne, hanno ceduto il posto a nuclei familiari ristretti e mononucleari che cucinano meno (checché ci facciano credere certi format) e prediligono cibi più facili da consumare -con ruoli più flessibili per tutti.
Comunque, fatto sta che i tassi di obesità sono in aumento, in Italia, Spagna e Francia e in tutto il mondo. Dunque, qualcosa della dieta mediterranea bisognerà pure recuperare, il declino va contrastato. Come? Questo è da vedere – comunque, nel lontano 2012, di nascosto da tutti, ho fatto assaggiare un sorso di falanghina a mia figlia, all’epoca appena dodicenne.