Tutto nasce quando il biologo e fisiologo statunitense Ancel Keys (nato a Colorado Spring), nel non troppo lontano 1970, pubblica la prima parte di uno studio sull’alimentazione. Lo studio riguardava Italia, Grecia e altri cinque paesi, e ne veniva fuori che la loro dieta sul lungo periodo era associata a una bassa incidenza di malattie cardiovascolari.
Caratteristiche di questa dieta? Elevato consumo di carboidrati (pasta, pane e riso) accompagnati da legumi (fagioli, piselli, ceci), uniti a latticini, vari tipi di frutta, compresa quella secca, pesce in abbondanza (frutti di mare soprattutto), olio di oliva, poca carne. Non dimentichiamo la bevanda preferita, che non era coca cola zero o altro ma vino: anzi diciamolo meglio: una buona quantità di vino.
Keys negli ultimi anni si trasferì in un paese del Cilento, Pioppi, che diventò il suo quartier generale. Stette qui per oltre 20 anni e vi morì, nel 2004, all’età di 100 anni. Che non fa statistica, però…
Comunque, quando sui media generalisti si cominciò a parlare di dieta mediterranea si era ormai negli anni ’80, e molti di noi, cittadini del sud, nemmeno ci prestammo attenzione. I nostri genitori da tempo immemorabile tornavano dal fruttivendolo carichi di fagioli, fagiolini, fave, ceci e in estate con gli spollichini, cioè fagioli bianchi che dovevi aprire per consumarli crudi e freschi, e c’era questo rituale che spesso interessava tutta la famiglia.
I nostri genitori, poi, litigavano continuamente sulla qualità del pane e della pasta e avevano il loro fornaio di fiducia che guai a toccarlo (spesso stava distante chilometri e chilometri, ma allora il Km zero non esisteva). E ancora, compravano, ma prima dello scandalo del metanolo, vino dal contadino di loro fiducia, che guai a toccarlo.
Vino non buonissimo, diciamo la verità (la nostra scuola enologica è migliorata tantissimo dopo lo scandalo al metanolo) ma insomma, il vino si beveva come acqua. Soprattutto i nostri nonni e le nonne ormai centenarie ne facevano un grande uso (l’acqua era più facilmente, all’epoca, soggetta a contaminazioni, il vino no), a volte non parlavano più, ma a tavola quando si riuniva tutto il parentame, erano capaci di scioccare tutti dichiarando: l’acqua è la mia nemica! E chiedevano di nascosto, sottovoce, quasi imploravano un po’ di vino.
Che poi qualcuno di buon cuore gli dava di nascosto, contravvenendo agli ordini dei dottori. Io, per esempio. Non bevo tanto vino ma ho sempre versato vino alle nonne di mia conoscenza. Ricordo ancora il loro volto sorridente e le mie frasi di giustificazione quando qualcuno mi scopriva: ma tiene 98 anni, quanti anni ancora deve campare, facciamola felice, no?
Poi, nel 2013 – visto che la dieta mediterranea riduce il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari e abbassa di circa il 10% la probabilità di contrarre alcune tipologie di cancro, ed è anche un’ottima protezione contro il diabete di tipo 2 – nel 2013, appunto, l’Unesco ha inserito la dieta mediterranea tra la lista dei patrimoni orali e immateriale dell’umanità, attribuendone la paternità a Croazia, Grecia, Italia, Marocco, Portogallo e Spagna.
Ecco che sembrava che la dieta mediterranea potesse diventare la base delle diete mondiali, ma a dire la verità, attualmente è una dieta seguita solo in alcuni aree, costieri e montani.
Ci sono infatti delle contradizioni. Celebriamo sui media una dieta dai tanti benefici e poi in molti paesi come Spagna e Italia è in netto aumento il tasso di obesità, tanto da far pensare che sì, la dieta è patrimonio dell’Unesco ma in Italia, per esempio, la dieta italiana è divenuta più mediterranea solo per quanto riguarda la frutta, il cui consumo è triplicato. In contemporanea sono aumentati anche i consumi di carne e grassi animali e si beve più birra che vino – a dispetto dei tanti esperti di vino, anche qua, diciamo la verità, un po’ scoccianti con la loro sapienza enologica.
È un momento di resa della dieta mediterranea? Poi si riprenderà e conquisterà il mondo? Vedremo e speriamo, ovviamente. Per il momento ci limitiamo a ricordare le nonne che hanno patito la fame, si sono intossicate col cibo e chiedevano negli ultimi anni della loro vita un sorso di vino per essere felici. Ricordiamo alcune tradizioni alimentari con i loro rituali, vedi gli spollichini o le famose conserve di pomodoro, nonché formaggi e latticini.
Celebriamo questi ricordi ma intanto diamo anche un po’ di numeri.