Se chiedete a un tecnico in quale partito agronomico si riconosce, con molta probabilità vi risponde che lui è un bio: lotta per ridurre l’impatto dovuto agli agrofarmaci, per aumentare lo strato arabile (che purtroppo decresce). Ma lotta anche per creare prodotti con più gusto, di maggiore qualità, ma con minor uso di risorse, che si sa sono limitate e vanno utilizzate al meglio.
Sono sicuro, dunque, che la maggior parte dei tecnici, consapevole dei problemi che abbiamo davanti, abbia la tessera del partito Bio, e che, fatti i conti, questo partito abbia una maggioranza bulgara, come si diceva un tempo.
Ma se è così, se la maggioranza è bulgara, cos’è tutto questo casino? Tra bio e non bio? Per non parlare delle sfumature e dei partititi, bio/dinamici, bio/sinergici?
Diciamo che esistono nel partito a maggioranza bulgara delle fronde interne molto agguerrite e pronte a mettere su dichiarazioni e brochure illustrative per dimostrare che loro portano la bandiera della ragione. Le fronde, tuttavia, le possiamo dividere, certo in maniera schematica, in due gruppi: ci sono quelli che testano gli strumenti e quelli che non li testano.
Per testare uno strumento ci vogliono prove in campo e una metodologia rigorosa grazie alla quale, eliminando il più possibile il rumore di fondo, i nostri fastidiosi bias e altri errori, otteniamo una misura (in genere una percentuale). La misura è tutto, almeno è abbastanza per poter scegliere una strada o un’altra.
Spesso la metodologia scientifica, che dovremmo conoscere a menadito e fin dalla tenera infanzia (del resto bambine e bambini amano fare esperimenti), può lavorarenon per noi, ma contro di noi. Nel senso che dopo i test la nostra ipotesi di lavoro si dimostra sbagliata.
Credo sia uno dei momenti più difficili per un essere umano: lavorate da anni su una ipotesi, quindi una consistente parte della vostra vita è stata spesa per seguire una strada ebbene quella strada è cieca, non porta da nessuna parte.
Vero, bisogna ammettere l’errore e non temere il peggio, anzi usare l’errore per continuare a cercare, non perdendo di vista l’obiettivo. Facile a dirsi, ma uno scienziato che segue una ipotesi e usa il metodo scientifico per validare la sua ipotesi, può passare per scemo se dopo tanti anni finisce in un vicolo cieco. Per questo a volte viene la voglia di affermare, contro tutte le prove, che quel vicolo non è cieco, anzi, sono gli altri ciechi che non vedono la luce in fondo. Gli altri: la scienza ufficiale, i corrotti, i compici del sistema ecc.
In questo senso è difficile essere scienziati. Eppure, è necessario esserlo, e c’è di più: dobbiamo cercare altri strumenti di indagine, più raffinati e non temere l’errore, l’errore in una certa misura rende liberi: se capiamo gli sbagli possiamo usarli come leva.
L’agricoltura è ilsettore primario e dunque predispone a un buon allenamento. In campo possiamo imparare ad usare il metodo scientifico, ne va della nostra sopravvivenza.
Voglio dire esistono anche i dissuasori biodinamici contro le erbacce, e anche se non so bene come si fa a dissuadere un’erba infestante, mettiamo alla prova il dissuasore, testiamolo in campo con rigorosa metodologia. I risultati ci diranno se funziona. Ma se non funziona, allora ammettiamo l’errore senza gridare al complotto, ne usciremo migliori e cercheremo di andare avanti per altre strade dando il nostro contributo alla comunità.
Siamo tutti bio, ma…ma non ci deve mancare il pane, perché senza pane non c’è pace, ma nemmeno energia per alzare lo sguardo verso le stelle.