Non so se siete mai capitati nel bel mezzo di un incendio boschivo, spero proprio di no. Oltre al pericolo, vi rimane una dolorosa sensazione di impotenza e di morte, e la puzza di fumo, che non vi lascia più.
Non so poi se avete visto un bosco bruciato, le pinete per esempio fanno impressione. Vive sono la porta d’accesso per il mare. Bruciate si trasformano in un passaggio infernale, vi rovinano il mare, quella brezza e il colore azzurro, che spesso è motivo di gioia
Qui oggi parliamo di incendi per capire come sono. Perché anche se il fuoco sembra un semplice e indistinguibile turbinio di fiamme, non tutti i fuochi sono uguali, e soprattutto queste fiamme rischiano di cambiare in peggio. Colpa delle temperature più alte, del regime di siccità e della mancanza d’acqua. Cerchiamo di unire questi trattini per capire meglio se e come si potrà sviluppare una seria prevenzione.
Guardiamo quindi le cose dal punto di vista del fuoco: cerca combustibile. Ebbene, la superfice boschiva in Italia, quindi il combustibile, è raddoppiata in questo secolo. Sembra strano ma è così. Decenni fa in montagna vedevi i paesi che confinavano con i prati pascolo o viti o altre colture e poi più in alto i boschi. Ora i paesi sono quasi immersi nel bosco. Cerco è bosco arbustivo, a volte impenetrabile, poco o per nulla curato. Possiamo esserne contenti, più bosco più stoccaggio di Co2 ecc., ma è raddoppiato il combustibile.
Qui si innestano i problemi legati al cambiamento climatico. Il fuoco trova combustibile (e cioè piante, bosco, arbusti, prati) stressato dalla siccità, quindi un combustibile con meno umidità, che si infiamma più facilmente (può bastare una scintilla), e meno facilmente si doma.
Dunque, sta cambiando anche il tipo di fuoco. Una cosa è un fuoco che lambisce il sottobosco (un incendio radente), che in genere non fa grossi danni alle piante, e si può con più facilità spegnere, una cosa è un fuoco che avvolge la chioma degli alberi (in gergo combustibile scaletta, cioè la fiamma arriva radente ma trova materiale per arrampicarsi dalla base fino alla chioma), rendendo molto difficile le operazioni di spegnimento, vuoi perché non ti puoi avvicinare facilmente, vuoi perché si creano venti caldi dovuti all’incendio stesso e vuoi perché quel vento insieme al fumo impediscono ai canadair di fare un buon lavoro.
Gli ultimi incendi come quelli del bosco del Carso oppure in Toscana (ma anche in Canada) sono stati di chioma, quindi incendi difficilissimi da domare e per questo devastanti.
In Italia comunque siamo bravi a spegnere gli incendi ma la lotta da sola non basta più, è necessario prevedere e prevenire. Cioè, operazioni molto costose (In Italia ogni Regione ha un piano di prevenzione, previsione e lotta agli incendi, quindi almeno nella titolazione sono rispettati i parametri).
C’è un modo per prevedere e prevenire? Perché la questione è seria. A parte i costi (35.000 euro l’ora è il costo di un canadair, ma a questo va aggiunta la manutenzione, senza considerare i costi delle persone).
A parte questo, se il cambiamento climatico cambia il regime del fuoco, rende più frequente quel tipo di fuoco che conquista la vetta, poi le piante non riescono a difendersi né a fare quello che di solito, da milioni di anni, fanno per noi: stoccare Co2, mettere in circolazione acqua e ossigeno e naturalmente glucosio, che pure ci serve.