Che sono gli unici fuochi che ci piacerebbe ancora vedere nelle notti estive. Tutta colpa o merito del solstizio d’estate, che poi è il momento in cui le giornate si accorciano e il sole declina lentamente.
Cosa c’era di meglio per i nostri antenati che mettere su un rito magico per arrestarne il declino? Se il nostro astro che brucia in cielo diventa più debole allora per similitudine si sarebbe acceso un falò. Nella speranza che fuoco in terra potesse sostenere l’astro dei cieli, o gli dèi che se ne prendono cura.
Dai riti ancestrali a quelli pagani a quello cattolico, declinazioni sullo stesso tema. La festa di San Giovanni, col suo carattere ambivalente: la principale festa della luce che ha come fulcro la notte. Una festa del fuoco (simbolo del principio maschile), ma anche dell’acqua (simbolo del principio femminile).
“Nell’Europa moderna – scrive James Frazer, uno dei padri della moderna antropologia – la grande festa di mezza estate è stata soprattutto una festa dell’amore e del fuoco. Uno dei suoi caratteri principali è la scelta degli innamorati che saltano sopra i fuochi tenendosi per mano e si tirano dei fiori attraverso le fiamme”.
Comunque chi ha visto i fuochi nella notte di San Giovanni non li dimentica più. Sarà uno di quei ricordi che ci verranno in mente prima di morire. Campagne illuminate da fuochi, persone che cantano, ballano e poi saltano i falò, felici.
I CSI hanno dedicato a questa festa una bellissima ballata che sintetizza tutta la tradizione secolare e i messaggi ambivalenti e bellissimi. Facendo la parafrasi la canzone dice: l’estate è appena cominciata, i falò sono accesi, bruciano i vecchi ricordi, muoiono i vecchi e rinsecchiti preti, muoiono gli spaventati guerrieri, e noi non possiamo fare altro che pacificarci il cuore, perché così vanno le cose così devono andare: è il vecchio ciclo della vita e morte. Nel frattempo che il ciclo inesorabile si compie, possiamo naturalmente ballare.