Un recente articolo di Bjorn Lomborg (apparso sul Wall Street Journal) cerca di ragionare sulla complessità in cui siamo immersi (ripetiamo come un mantra: siamo otto miliardi, di cui a stento noi occidentali raggiungiamo i due miliardi), e ci ricorda che è un bene non esporre tesi facili e buone per ogni stagione. Al contrario, il ragionamento andrebbe sempre fatto esaminando sugli strumenti per dar forza ai fatti e di conseguenza concretezza alla tesi. Invece, spesso si ragiona al contrario, se i fatti smentiscono la tesi, peggio per i fatti.
La tesi di Lomborg: la guerra in Ucraina, oltre alle morti, alle mine e ai danni materiali, fisici, psicologici di cui avremmo concretezza da qui a molti decenni in avanti, ha disilluso molti politici sull’idea della veloce transizione ecologia, in ragione della quale passeremo rapidamente all’energia verde. E purtroppo si ricomincia a parlare di carbone per affrontare la crisi energetica. Seconda disillusione. Nonostante i continui reiterati endorsement sulla necessità dell’agricoltura biologica integrale, avanzati in genere da persone benestanti e sì, in totale buonafede e spesso propositive, poiché i prezzi del cibo salgono e il conflitto minaccia una crisi alimentare globale, guardando alcuni casi di studio come lo Sri Lanka, si deve arrivare alla conclusione impopolare ma necessaria per riprendere le misure: l’agricoltura biologica non è così efficace, ha fame di terra e molto costosa, e lascerebbe miliardi di persone affamate se venisse adottata in tutto il mondo e in maniera rigorosa. Il presidente Gotabaya Rajapaksa si è candidato alle elezioni nel 2019 promettendo una transizione verso la produzione di alimenti biologici. Quindi abbandono dei fertilizzanti di sintesi, abbandono della protezione delle piante con agrofarmaci ecc. I due abbandoni (quelli dei fertilizzanti e degli agrofarmaci) hanno causato un calo della produzione di riso del 20% nei primi sei mesi dopo il passaggio all’agricoltura biologica. Lo scorso inverno, gli agricoltori hanno previsto che la resa del tè potrebbe diminuire fino al 40%. I prezzi del cibo sono aumentati; il costo delle verdure è quintuplicato. Le proteste hanno infine costretto lo Sri Lanka principalmente a rinunciare alla speranza organica lo scorso inverno, troppo tardi per salvare gran parte del raccolto di quest’anno. Dov’è lo sbaglio? Nell’agricoltura biologica? No, nella mancanza conoscenza della fisiologia delle piante. Che vanno nutrite e protette. Senza questi apporti la pianta non produce (perché non è facile dotare il letame di abbondanti dosi di azoto, fosforo e potassio e microelementi) e senza buoni agrofarmaci i patogeni si mangiano tutto, al nostro posto. Anzi più la pianta è ricca di delizie più i patogeni la prendono di mira. Tutto sbagliato? Non direi, resta l’idea alla base, produrre di più con meno risorse (visto che non saranno sempre disponibili), per farlo più che un idilliaco ritorno alla natura, è necessario capire la materia ci cui sono fatti i nostri sogni: solo così si potranno migliorare. Comunque, l’innovazione è difficile, richiede sperimentazioni in laboratorio e in campo, ma utilissima se si vuole sfamare questo mondo a un costo minore e non portarlo alla fame con un costo maggiore.