Di tanto in tanto arrivano brutte notizie sulla sicurezza alimentare, ad esempio qualcuno ha passato un guaio perché ha mangiato delle uova (anche quelle di cioccolato) contaminate con la salmonella, qualcun’altro ha intinto il ciuccio nel miele per la propria bimba/o (che nemmeno aveva un anno di età) e poi purtroppo ha dovuto ricoverarla/o per botulismo.
Ogni volta che accadono episodi come questi si parla di sicurezza alimentare, e spesso, a danno fatto, ci si stupisce della nostra bassa capacità di percepire il rischio. Ecco allora che i microbiologi e i tecnologi alimentari si sgolano per darci le indicazioni basilari.
Tuttavia, c’è un aspetto che fa da cornice al fenomeno, e che non prendiamo mai in considerazione: bisogna produrre il cibo con delle modalità e tecniche tali affinché questo arrivi sia sano che abbondante sulle nostre tavole. Se il cibo manca non ha senso di parlare di sicurezza alimentare.
Ce ne stiamo accorgendo ora la guerra di Putin. Il prezzo del grano (l’Ucraina è un vero granaio) è salito rispetto a un anno fa del 30%. Considerate poi che l’Ucraina e la Russia esportano circa il 23% del grano (soprattutto in Africa) e capite bene che in questa guerra i più poveri (come sempre del resto) hanno la peggio: secondo l’indice globale della fame, prima della guerra 47 paesi soffrivano la fame (in Africa e in Asia), ora il numero è salito a 60.
Certo, noi siamo i rappresentanti del paese di MasterChef e ci sentiamo al sicuro, ma c’è poco da pavoneggiarsi perché potremmo avere anche noi problemi di approvvigionamento, soprattutto per quanto riguarda l’olio di girasole. Russia e Ucraina insieme esportano fino al 64% dei semi di girasole, di cui tra l’altro l’industria dolciaria fra grande uso.
Ma diciamo pure che rinunciamo a grano, olio di girasole e mais, e diciamo cinicamente che è un problema dei paesi più poveri. Ma dobbiamo parlare anche dei fertilizzanti, la cui mancanza può avere conseguenze su tutti gli agricoltori del mondo, e causare cali di produzione per tutti i generi alimentari, non solo il grano.
Qui la questione è più complessa, ma per questo vale la pena di riassumerla in poche righe. Quello dei fertilizzanti è un mercato turbolento che era in affanno già prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Forti quantitativi di potassa venivano importati dalla Bielorussia, e queste importazioni erano già soggette a sanzioni – visto che l’anno scorso il governo bielorusso aveva obbligato un volo Ryanair ad atterrare per arrestare un dissidente a bordo.
Poi Il COVID-19 ha interrotto le spedizioni e le catene di approvvigionamento a livello globale. Poi due grandi impianti di produzione di fertilizzanti lungo la Costa del Golfo degli Stati Uniti sono stati danneggiati seriamente dall’uragano Ida e ora faticano a tornare a pieno regime. Per produrre fertilizzanti a base di azoto ci vuole anche il gas naturale, il cui prezzo è aumentato, e dunque con lui pure il prezzo finale dei fertilizzanti. A maggior ragione, i Paesi europei, sudamericani e africani sono fortemente dipendenti dai fertilizzanti importati dalla regione del Mar Nero.
Tuttavia, ed è notizia di questi giorni, il Ministero del commercio e dell’industria russo ha raccomandato ai produttori di fertilizzanti del paese di interrompere temporaneamente le esportazioni a causa delle sanzioni scattate dopo l’invasione dell’Ucraina.
Insomma, se facciamo la somma capiamo bene come sia facile passare dai discorsi sulla sicurezza alimentare del miele o delle uova all’insicurezza alimentare globale, perché non si riesce a produrre cibo.