In questi ultimi anni, lo studio della dendrologia (studio delle piante legnose) sta fornendo molte informazioni sugli scenari climatici del passato, così che, poggiati i piedi su solide basi, possiamo allungarci sulle punte per vedere cosa ci aspetta. Ma cos’è la dendrologia?
Ce lo spiega con grande chiarezza il libro di Valerie Trouet: Gli anelli della vita, la storia del mondo attraverso gli alberi (Bollati Boringhieri). Valerie, da brava dendrologa, conta gli anelli che gli alberi producono ogni primavera (periodo in cui gli alberi crescono con più vigore, quando si risvegliano dal periodo di inattività). Il legno primaticcio che si forma appunto in primavera riflette la crescita della stagione – e tra l’altro mette in luce differenze tra conifere e latifoglie: le prime producono grandi cellule quadrate con pareti sottili, le seconde vasi appositamente adibiti al trasporto d’acqua. Col procedere della stagione, poi, per le piante diventa più importante consolidare la propria struttura e accumulare anidride carbonica più che trasportare acqua, per questo il legno tardivo che si forma a fine estate ha pareti cellulari più spesse. L’alternanza di legno primaverile e quello di fine estate forma i famosi anelli che possono essere non solo contati ma anche interpretati. Col suo interessantissimo e innovativo lavoro, svolto nel corso di più un decennio, Valerie Trouet è riuscita a leggere e mappare e datare svariati alberi, alcuni millenari, e non solo i celebri pini setolosi nord americani, ma anche i dimenticati patriarchi africani (in Tanzania) nonché alcuni esemplari nella taiga siberiana, acquisendo molte informazioni. Quanta anidride carbonica le piante hanno accumulato, sul clima e le sue variazioni, siccità, gelo, eruzioni vulcaniche? Tutto è scritto negli anelli. E infine, comparando le serie storiche ottenute con le informazioni tracciate nelle stalagmiti (altro affascinante campo di ricerca) è riuscita a ricostruire le dinamiche climatiche di zone molto distanti fra loro. Insomma, la storia del mondo scritta negli alberi, i cambiamenti climatici (il periodo caldo medievale, la piccola era glaciale che fece seguito) sono un modo per ragionare sull’ascesa o il declino di grandi civiltà del passato (magari causato dallo sfruttamento intensivo delle foreste), ma anche sul bottino dei pirati, sul violino di Stradivari o sul segreto delle vittorie di Gengis Khan. Il lavoro dei dendrologi come Valerie è utilissimo per i motivi suddetti, ma soprattutto perché ci fa capire che “siamo sotto il cielo”, come dicono ancora oggi i contadini, ma che le piante possono essere nostre alleate, sia per conoscere e leggere il mondo passato, sia per affrontare vari problemi che abbiamo davanti. Ad esempio, come ha spiegato proprio Valerie Trouet, le piante ci aiutano a studiare i cambiamenti climatici del passato, quando la sicurezza alimentare allora non era garantita
Ora siamo, grazie all’ingegno umano, più protetti, ma di certo la sicurezza alimentare non è per nulla scontata e non sappiamo cosa può succedere al nostro mondo fra qualche decennio. Due scenari possono essere tracciati: uno instabile con chi salirà e chi scenderà, chi emigrerà e chi mangerà con sazietà, o, nel secondo scenario, riusciremo a trovare una maggiore stabilità per gli otto/dieci miliardi di persone con cui ci confronteremo: tutto dipende da come leggiamo e utilizziamo al meglio le piante, e non solo quelle agrarie.