Giuseppe Barbera (Palermo, 1948) è stato Professore ordinario di Colture arboree all’Università di Palermo. Da anni, con i suoi libri molto particolari, botanici e culturali insieme, sta raccontando il meraviglioso cammino delle piante e la loro bellezza. Ora è in libreria Agrumi, una storia del mondo (Il Saggiatore). Anticipiamo qui, sotto forma di intervista, alcune pagine. Ringraziamo l’editore per la gentile concessione.
L’etimologia della parola agrumi.
È il 1644 quando gli agrumi fanno la loro comparsa nella lingua italiana. Il nobile bolognese Vincenzo Tanara, nelle pagine dell’Economia del cittadino in villa, scrive che “sotto nome d’Agrumi comprendono i Giardinieri di questo secol Cedri, Limoni, Naranci”. La ragione della denominazione sarà motivata due anni dopo dal botanico Giovanni Battista Ferrari nell’Hesperides sive de malorum aureorum cultura et usu, testo di assoluta rilevanza per la storia di queste piante. La lingua che usa è il latino e i frutti sono chiamati mala aurea, direttamente dalla mitologia greca; la qualità che invece porta al nome in lingua volgare è chiara: sono mala quaeab acore nominantur, “mele che prendono nome dall’asprezza”. (….) Il sapore agro – conseguenza dell’acido citrico – è allora il carattere comune e distintivo dei frutti di agrumi, seppure in modo variabile tra specie e varietà, tanto che in alcuni risulta eccessivo fino a rendere incommestibile il frutto e in altri casi si avverte appena. Accomuna arance e limoni, mandarini e clementine, cedri, lime e limette, pompelmi e pomeli, chinotti e bergamotti e, ultimi arrivati nei campi e nei mercati, i finger lime pretenziosamente detti limoni caviali.
Il successo agricolo e culturale
Il successo agricolo e commerciale degli agrumi, che nelle terre mediterranee inizia nel V secolo a.C., e poi cresce nel secolo successivo fino a manifestarsi in ogni continente, li ha portati (nell’insieme delle specie che vi appartengono) ad avere il primato delle produzioni frutticole mondiali. Presenza preziosa nei giardini, segno di ricchezza produttiva nei paesaggi agrari dal clima mite e dalla terra fertile, raccolti nelle fiere, nelle mostre pomologiche, nelle antiche collezioni delle limonaie dei palazzi rinascimentali, esposti nei vivai mostrano con i loro frutti una affascinante diversità di forme, colori e sapori.
A lungo la loro storia è stata affidata alla mitologia, alla più audace fatica di Ercole che avrebbe vinto dèi e mostri e ingannato ninfe, pur di impossessarsi dei loro frutti. I «pomi d’oro» del giardino delle Esperidi acquisiranno valore con la loro espressività figurativa, l’eleganza dell’albero e dei fiori, nell’intreccio continuo tra acquisizioni scientifiche ed esperienze agronomiche che elaboravano antichi saperi orientali, nel decoro di giardini e terrazze, con il profumo diffuso nelle camere più intime e nei salotti più ricercati, come simboli nelle raffigurazioni sacre e nelle più apprezzate nature morte nei palazzi aristocratici. Pittori, scrittori e musicisti hanno tratto continui spunti dai frutti esotici esposti nei mercati, dai vasi protetti nelle serre, dalle pagine dei viaggiatori. Agli inizi del xix secolo cambieranno giardini e paesaggi agrari quando i primi successi produttivi di ampia scala, favoriti da trasporti efficienti, imponenti bonifiche e ristrutturazioni territoriali che moltiplicano superfici e proprietari, si avvalgono del sostegno di una scienza (la citricoltura) che sempre più ne approfondisce caratteri e ragioni.
Gli agrumi oggi
Gli agrumi non sono più solo alberi e frutti da ornamento o da consumo elitario, alimentano mercati internazionali e, una volta conosciuti e apprezzati, trasformano le agricolture del mondo ovunque le condizioni ambientali lo consentano. I frutti freschi sono l’obiettivo principale ma le potenzialità commerciali delle produzioni trasformate o dei sottoprodotti (succhi, marmellate, profumi, medicine) stimolano e moltiplicano iniziative e intelligenze imprenditoriali. Ancora adesso che di molte specie di agrumi si conoscono anche i singoli cromosomi e che diverse funzioni ambientali si uniscono a dare loro importanza, sono le parole introduttive del Traité du citrus (1811) di Giorgio Gallesio a tracciare le ragioni del viaggio che inizia con queste pagine e percorre la storia del mondo: «Questi alberi affascinanti riuniscono nello stesso tempo i vantaggi delle piante ornamentali e quelli delle piante utili, niente uguaglia la bellezza del loro fogliame, il soave profumo dei loro fiori, la lucentezza e il gusto dei loro frutti: nessuna altra pianta fornisce così deliziose confetture, piacevoli condimenti, acque profumate, essenze, sciroppi e il prezioso acido che tanto si usa per i coloranti: tutto, insomma, in questi alberi, affascina gli occhi, soddisfa l’odorato, stimola il gusto, nutre il lusso e le arti, e mostra all’uomo stupito l’insieme di tutti i piaceri».