Abbiamo molte varietà tradizionali (alcune italiane), quindi perché cambiare: pensate alla varietà di grano duro, Senatore Cappelli, al Riso Carnaroli o al Vialone Nano, pensate alla mela Golden (datata 1891), o pensate a molti vitigni italiani che risalgono geneticamente all’Ottocento, Nebbiolo, Sangiovese. Perché cambiare?
Dobbiamo cambiare perché le varietà tradizionali non sono sostenibili: vero è che nell’immaginario la parola tradizionale è un sinonimo di sostenibile, ma sarà vero? La mela Golden riceve dai 15 ai 25 trattamenti fitosanitari all’anno. E le varietà tradizionali di vite? Non è possibile coltivarle senza trattamenti fitosanitari (dai quattro agli otto all’anno). Anche quelli coltivati in biologico (organici) necessitano di trattamenti. Solo che quelli convenzionali usano la chimica moderna, quelli in biologico usano la chimica dell’Ottocento, che sarà pure tradizionale, ma sempre chimica è, vedi il rame per esempio?
Infine, si dice che è sostenibile coltivare frumenti antichi: tuttavia il Senatore Cappelli (ma per gli altri frumenti è lo stesso) produce tre tonnellate a ettaro (la media è pressoché simile tra duro e tenero). Bene, noi oggi in Italia investiamo circa seicentomila ettari di superfice agricola di frumento tenero che, con una resa media di 5 tonnellate/ha, copre circa il 40% del fabbisogno italiano. Pensate dunque sia sostenibile trasformare questi seicentomila ettari di frumenti moderni in frumenti antichi?
Si può fare di meglio: per esempio anziché coltivare una mela tradizionale Golden possiamo coltivare una mela resistente alla ticchiolatura, significa togliere di mezzo tra i 10 e i 15 trattamenti all’anno. Queste mele esistono, sono frutto della moderna ricerca genetica, sono poco diffuse (per ragioni commerciali e non solo, anche politiche) ma queste mele sono un necessario contributo alla sostenibilità di un meleto.
Possiamo coltivare anche viti resistenti alla peronospora, quindi ridurre i trattamenti (dai 2 ai 4 in meno)
Per esempio l’azienda Piwi international produce vitigni sostenibili e resistenti alla peronospora ma questi vitigni sono simili ma non identici ai vitigni per i quali abbiamo scritto i disciplinari di produzione, dunque se impianti un vitigno poi non ci puoi scrivere Prosecco.
Si può fare ancora di meglio: basta fare entrare in gioco le nuove tecnologie, come la Cisgenesi: per esempio prendere un gene che conferisce resistenza in una vite selvatica e portarlo nella vite coltivata (stesso genere, un solo gene). In questo modo la vite diventa resistente al fungo modificando solo uno sui 40/50 mila geni di cui dispone: da punto di vista qualitativo la pianta con modifica è indistinguibile dalla pianta non modificata.
Oppure se usiamo la tecnologia del Crisper è possibile andare a modificare solo quel gene che costituisce la porta di ingresso alla malattia, come cambiare serratura di ingresso, anche in questo caso la pianta modificata è indistinguibile da quella non modificata. Quindi si induce una mutazione in un gene senza trasferire dall’esterno nessun altro gene.
Queste tecnologie che vanno sotto l’acronimo TEA (Tecniche Evoluzione Assistita) sono in discussione al Parlamento. Come finirà la discussione non è dato ancora saperlo ma se queste biotecnologie saranno approvate dal Parlamento ci sarà un enorme cambiamento nel modo di fare agricoltura.
Per tornare al frumento: produrre di più usando la genetica è più sostenibile, quindi non si può fare altrimenti, non abbiamo alternative, quindi è necessario che tutto cambi in nome della sostenibilità.
Al minuto 35.00 https://www.youtube.com/watch?v=Q_-5cNlIlZg