Todo cambia, cantava Mercedes Sosa. Canzone sconosciuta ai più, almeno finché Nanni Moretti non la inserì nel suo film Habemus Papa (2011). La canzone l’aveva scritta un cantautore cileno, Julio Numhauser, nel 1982, nove anni dopo l’istaurazione della dittatura di Pinochet (datata 11 settembre 1973).
Il testo esprimeva l’incessante e naturale e benefico ritmo del mutamento o meglio, più precisamente sottolinea il desiderio di cambiamento, vista la dittatura di cui fu vittima Julio Numhauser.
Ma anche l’argentina Mercedes Sosa aveva qualcosa da raccontare a proposito di dittatura, visto che fu minacciata dal regime di Videla (che insanguinò l’Argentina dal 1976 al 1983), poi perseguitata e infine incarcerata durante un concerto a La Plat nel 1979 (finì in Spagna, in esilio interrotto nel 1982, quando, un anno prima del crollo di Videla, Sosa tornò in patria per una serie di concerti, applauditissima).
Ma tuttavia in Todo Cambia il cambiamento ruota attorno a un punto fermo: l’amore per il mio popolo e la mia gente.
La canzone vista la fine dell’orribile dittatura (ma non si sa mai, al peggio non c’è mai fine) oggi potrebbe raccontare la necessità del cambiamento. In molti, anzi in tutti gli ambiti siamo obbligati a cambiare. Ma non c’è niente da fare, per varie ragioni, non ultima quella legata all’invecchiamento della popolazione (più si invecchia più si cercano le radici e ci si chiude), tutti cantano il cambiamento ma pochi fanno i necessari passi in avanti.
In agricoltura, per esempio, nessuno vuole cambiare. L’immaginario è statico, vetusto e irrealistico ma tanto cinematografico: immagini virate seppia, fotografie di paesaggi con effetti flou, cose insomma che fanno tanto glamour.
Eppure, prendendo come riferimento gli ultimi versi di Todo Cambia (tutto cambia tranne l’amore per il mio popolo e la mia gente) si potrebbe parafrasare: tutto dovrebbe cambiare perché dobbiamo essere sostenibili.
La sostenibilità (parola purtroppo abusata che tuttavia andrebbe presa sul serio) ruota attorno al cambiamento, la sostenibilità è il punto fermo attorno al quale tutto si muove.
Tradotto in ambito agricolo significa nuove colture, nuovi strumenti, più ricerca, meno vincoli, meno divieti, più test in campo (per capire se un prodotto è sostenibile con i fatti o solo a chiacchiere) e insomma un immaginario meno stantio, più terra terra, meno alato ed etereo.
La domanda allora è: in agricoltura, visto l’invecchiamento della popolazione, vista la predominanza dei nonni, dei vecchi contadini di una volta, dei sapori di un tempo, del latte, della carne, delle mele ecc. ecc., del tempo che fu, insomma, in agricoltura riusciremo a immaginare un benefico cambiamento, tra l’altro indispensabile in un mondo che cambia?
Bisogna provarci e insistere, a costo di finire come Pia, la protagonista del film Non ci resta che piangere (Amanda Sandrelli) che per spiegare come si lancia la palla ripete incessantemente: Bisogna esercitarsi, bisogna provare e provare e provare, provare, provare, provare, provare, provare… e poi ci si riesce bene. Si lancia e si riprende, anche due, tre volte.
Proviamoci.