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Home Come Funziona

Pane, pietre e religione, una triade che parte da lontanissimo: anche i defunti mangiavano pane macinato, ce lo racconta Lucia Galasso.

da Redazione
24/01/2023
in Come Funziona
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Il pane, per le sue caratteristiche simboliche e sociali, è stato da subito centrale nella religione delle società arcaiche. Nel culto neolitico, la macina, che abbiamo visto veniva utilizzata per produrre farina pregiata per il pane e prodotti affini, acquisì un significato senza precedenti, diventando offerta agli dei e dono funebre. 

L’uomo sapeva che la pietra era un oggetto duraturo e immutabile, e questo giustifica la presenza di macine nelle tombe: al fine di consentire la preparazione del pane anche nell’aldilà. Si trattava di piccole macine a mano, di circa 6 kg, facili da trasportare e che modellavano finemente la farina per realizzare pani e affini. 

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La donazione d’una macina richiedeva una cerimonia religiosa. Durante gli scavi in un sito neolitico in Germania (Auschwitz/Weideroda, Kreis de Borna) è stato trovato il cranio di un giovane che poggia su una mezza macina. In Svizzera, gli archeologi hanno portato alla luce una tomba dell’età del bronzo in cui la testa del defunto è circondata da una macina ritualmente spezzata in due. In questo modo la macina – sostituto del pane che si rinnovava continuamente – circondava la bocca e la testa della salma. 

Troviamo un’altra variante alla fine dell’età del bronzo: l’urna cineraria viene ribaltata su una macina (Germania, Assia, Kreis de Friedberg, Gambach). Anche qui un rito sottolinea il legame tra la macina, che dà il pane, e le ceneri dei morti: un legame potentissimo, come vedremo da qui in poi, in tutta la storia cultuale dell’uomo.

Arrivando alla civiltà dei Campi delle Urne – caratterizzata da necropoli di urne cinerarie – che va dal 1400-1300 al 700 a.C., il pane assume un significato più importante e la costruzione di forni collettivi nei villaggi crea una comunità attorno alla produzione di questo cibo, influenzando la religione. Il forno assume così un significato religioso. A testimoniare questo legame (in cui si palesa anche una forte sacralità del fuoco, come entità in grado di trasformare) è la presenza di tre sepolture all’interno dei già citati forni di Portonovo (Conati Barbaro, 2014). 

La relazione tra il pane e la vita nell’aldilà è illustrata dai resti ossei contenuti in un’urna di questo periodo, ritrovata a Bellenberg, in Baviera. Gli archeologi sono riusciti a trovare parti di pane lievitato nei minuscoli resti ossei. Il pane veniva quindi posto sul cadavere prima della cremazione: era un’offerta alla divinità e al tempo stesso cibo per l’eternità. Morti e macine, morti e forni, entrambe le coppie accomunate dalla capacità di trasformare i cereali in nutrimento, in farina e pane. 

Un legame che, attraverso la simbologia del ciclo dei cereali, unisce il mondo dei defunti con quello dei vivi tramite il potere generativo d’un chicco. 

Vari ritrovamenti attestano questa valenza. L’archeologa Emma Pressmar ha fatto una scoperta unica nel sito di Elchinger Kreuz, in Germania: i resti d’un animale macellato sotto un forno per il pane. Pressmar che ha collegato il ritrovamento a un rito dove l’animale è stato sacrificato. Questo l’ha portata a dedurre che il sacrificio avesse il triplice compito di sottolineare la matrice sacra del forno, donare a esso una sorta di guardiano ultraterreno e fungere da deterrente verso eventuali comportamenti ritenuti inappropriati in quella sede.

L’urna funeraria di Montescudaio (Museo Archeologico di Firenze, VII secolo a.C.), invece, presenta un altro significato religioso del pane. La parte superiore del coperchio rappresenta il defunto davanti a una tavola apparecchiata, dove c’è il pane e, accanto ad essa, una figura umana la cui parte inferiore si trasforma in un’urna. Quindi, anche qui, un’identificazione dei morti con il pane, che prometteva la vita eterna o traduceva il concetto che i morti e il divino sono una cosa sola grazie al pane.

Una scoperta culturale molto interessante è stata fatta in un sito tedesco che ricopre un lasso temporale che va dal 900 al 600 a.C. In un luogo sacro, è stata rinvenuta la metà d’una pagnotta appuntita alle due estremità, contrassegnata da una tacca a forma di onda e due cavità. Il pane completamente carbonizzato doveva avere una larghezza di 7 cm quando era fresco, e doveva essere lungo dai 17 ai 18 cm. I raggi X hanno permesso di scoprire un piccolo pezzo di metallo all’interno. Questo pane, armato d’ un pezzo di metallo, era presumibilmente un’offerta propiziatoria a una forza della natura divinizzata (forse il fulmine).

Tornando al neolitico inferiore, testimonianze molto interessanti ci vengono da resti di pani e pasticceria rinvenuti in Svizzera (sito di Horgen, sul lago di Zurigo) e databili tra il 3178 e il 3118 a.C. Qui gli archeologi hanno fatto delle scoperte eccezionali: la presenza d’una panificazione molto raffinata e d’una primitiva pasticceria e relativi contenitori, tra cui spiccano crostate tonde, fatte di farina finemente macinata e con una base di pasta molto sottile, un bordo alto 15 mm e uno spessore di 2 mm. Crostate che ricordano quelle moderne di frutta presenti in Alsazia, pirottini rotondi, formati da strisce di corteccia di betulla lunghe 4 cm, che lasciano irradiare lentamente e gradualmente il calore durante la cottura, o di corteccia di quercia utilizzata per una pasticceria più leggera, perché più ricca di albume: questo permette di ipotizzare che chi cuoceva questi cibi sapesse esattamente quale tipo di corteccia era adatta a seconda di che cosa volesse cuocere. 

Il più sorprendente di questi dolci di circa 5150 anni fa è stato chiamato «brioche dell’età della pietra». Il reperto, nelle sue condizioni originali, è costituito da un pezzo carbonizzato di origine sconosciuta e ricoperto di calcare. Dopo la pulitura, si è rivelato essere il dolce più raffinato rinvenuto in uno scavo archeologico preistorico. Lungo 92,3 mm, largo 73,3 mm, alto 52,2 mm e del peso di 45,75 gr., aveva un lato arrotondato e l’altro piatto. Si è pensato che l’impasto dovesse essere stato pressato in una tortiera. I raggi X hanno confermato che era stato utilizzato uno stampo quadrato con bordi finemente lavorati e che il lato a cupola si era formato solo in seguito. È così che è stata scoperta anche la tortiera più antica del mondo (Währen, 2002).

Il neolitico ci porta alle soglie d’una nuova rivoluzione, che avrà luogo proprio nelle zone dove l’agricoltura occidentale ha mosso i primi passi e dove la panificazione troverà un nuovo sviluppo, più complesso e ancora più legato al simbolico e a una delle cucine codificate più antiche del mondo, quella della Mesopotamia.

(Per gentile concessione di Espress edizioni)

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