La birra è, con il pane il vino, il più antico elemento elaborato tecnologicamente dall’uomo. Tutti e tre hanno in comune il lievito come catalizzatore del processo produttivo. Il paziente lavoro degli archeologi ha permesso di conosce qualcosa di più sulla “birra” dell’antichità più remota. Mettiamo birra tra virgolette, perché in realtà si trattava di una bevanda a base di cereali, alle volte aromatizzata. La quale però ben poco aveva a che fare con le birre di oggi, rese più salubri e ben più gradevoli, in primo luogo dal tocco magico del luppolo. E poi anche dei progressi della tecnologia e dell’impiantistica. Se la birra, e il pane e il vino, sono molto probabilmente scoperte e casuali, il primo a comparire sulle mense di Homo Sapiens è stato probabilmente il vino. Anche perché non necessita di alcun trattamento termico.
La scoperta del vino può semplicemente essere stato il risultato di grappolo d’uva contenente cospicue quantità di zucchero fermentabile, e tanti lieviti sulle bucce, dimenticati per caso in un otre o in un’anfora. I grappoli d’uva si ammostarono sotto il loro peso, e i lieviti, come per magia, trasformarono il loro succo in una pozione euforizzante, capace di alterare lo stato psicofisico di chi la beveva, in modo così misterioso da poter essere spiegato solo con l’intervento di potenze soprannaturali. Da ciò l’ampio risalto dato al vino e dalla mitologia greca e romana, e anche della Sacra Bibbia. Il primo pane invece si pensa sia stato ottenuto dopo aver frantumato chicchi di frumento per renderli più facilmente masticabili ed aver (casualmente?) miscelato questa grossolana farina con acqua, lasciandola poi seccare il sole. E la birra? Desta meraviglia chiedersi come sia stato possibile già migliaia di anni fa, portare a buon fine un procedimento biotecnologico così complesso, senza sapere nulla di enzimi e lieviti. Per le birre preistoriche si utilizzano molto probabilmente pani, lasciati in qualche recipiente nel quale si raccolse l’acqua piovana. Si scoprì che quel liquido rendeva anche più allegri e proteggeva i pani dall’attacco dei roditori. Abbastanza presto, anche se non si sa esattamente quando, si capì che era più conveniente fare germogliare il cereale in modo da creare i presupposti per produrre un mosto contenente una maggiore quantità di zuccheri, così da ottenere poi, grazie al lievito, una bevanda più ricca d’alcol. Tuttavia, fino a circa 200 anni fa non si sapeva che il lievito è un microrganismo vivente, eppure si producevano ugualmente birre. E’ stato anche dimostrato, cercando di realizzare oggi una birra con tecniche arcaiche, che un risultato accettabile può essere tenuto anche senza l’ausilio del fuoco. A questo proposito è probabile che prima di passare alla bollitura degli infusi di cereali in recipienti resistenti al fuoco, siano state utilizzate pietre roventi gettate nel liquido: ciò rimanda alla cosiddetta Steinbier (forse traducibile come birra alla pietra) della cui produzione sono state trovate tracce in Carinzia, e che, alcuni anni fa, l’allora Mastro Birraio della birreria Goess ha voluto riproporre.
(Tratto da: Birra, storia della birra e degli stili birrari, Edagricole. Per gentile concessione di Edagricole).