Premessa: quando una pianta subisce un danno, come avviene a causa dell’azione di un erbivoro o di un parassita, la pianta stessa libera alcune sostanze volatili nell’aria circostante: si tratta di una comunicazione chimica efficace e di tutto rispetto, difatti le sostanze liberate nell’aria vengono avvertite dalle altre piante. Spesso in maniera così spiccata, da far parlare di piante parlanti. Con queste sostanze volatili le piante avvertono le altre piante della presenza di un predatore o di uno stress biotico: possono dunque avviare meccanismi di difesa.
Ai botanici e ai ricercatori questa caratteristica era nota fin dal 1983: ora, dopo quaranta anni di ricerche si è riusciti a identificare quello che è stato chiamato il naso delle piante. Sempre facendo estrema attenzione alle parole (le piante non hanno il naso), ma insomma si è capito sia il meccanismo sia la sede della percezione delle miscele di composti volatili da parte nei vegetali.
Il lavoro è stato pubblicato su Nature Communications: e chiarisce che le “narici” delle piante sono le cellule a forma di salsicciotto che circondano ciascuno degli stomi fogliari, controllandone l’apertura. In botanica sono note come cellule di guardia.
Funziona così: i composti rilasciati a seguito di uno stress si diffondono fino alle foglie delle piante vicine. Ogni odore, per così dire (si tratta di un bouquet di composti volatili) segnala un particolare tipo di stress che la pianta ha sperimentato. Entro un minuto dall’esposizione, queste cellule di guardia, attraverso recettori specifici perfettamente analoghi a quelli del nostro naso, rilasciano calcio intracellulare generando una variazione di potenziale elettrico proprio come nei nostri neuroni. Questa variazione di potenziale, causa l’attivazione di una serie di geni di difesa e di risposte della pianta e così (semplificando) si prepara alla difesa.
A che serve saperlo? A parte la bellezza di imparare un linguaggio e dunque poter comunicare tra specie diverse, si prevede la possibilità di costruire nasi elettronici. Lo scopo? Un agricoltore può essere avvisato che una o più piante del suo campo stanno sperimentato uno stress, insomma un po’ come la diagnosi preventiva ci avverte di un problema di modo che possiamo trattarlo prima che questo possa diventare pericoloso, così l’agricoltore sarebbe avvertito sul nascere dalla presenza di un predatore o di un fattore di stress prima che il problema si propaghi e diventi comunque visibile.
Non solo: se conosciamo gli specifici odori di pericolo prodotti dalle piante possiamo produrli e rilasciarli nei campi. Questi composti volatili infatti, come abbiamo visto, allertano le piante e preparano le stesse alla difesa, come dire le rafforzano, ma attirano anche insetti utili perché mangiano i patogeni che attaccano le piante.
Conclusione: nello specifico agronomico, più conosciamo il linguaggio e la fisiologia delle piante, più abbiamo la possibilità di ridurre l’uso di agrofarmaci. Insomma, il biologico non passa solo per slogan e immagini rassicuranti e bucoliche, ma si fonda sulla ricerca, sullo studio e sui soldi che andrebbero destinati a cose serie, testabili e misurabili e non a inservibili stupidaggini.