Distribuzione: La distribuzione interessa l’intera area mediterranea. Il Castagno occupa una parte cospicua della montagna italiana, dall’arco Prealpino alla dorsale Appenninica e talune aree più elevate della Sardegna e della Sicilia. Lo si ritrova in genere entro il limite altitudinale superiore dei 1000 metri ma al Sud può spingersi oltre e quello inferiore di 300-400. L’originaria copertura castanicola doveva essere comunque molto più contenuta di quella odierna. Difatti, l’attuale distribuzione del Castagno è almeno in parte frutto di un’opera capillare di diffusione portata avanti dall’ uomo, in momenti diversi della sua storia, soprattutto in ragione del notevole contributo alimentare che poteva ricavarsi dai frutti. Tale espansione delle piante è avvenuta con danno del querceto, dei faggi e dei boschi di conifere.
Le raccolte delle castagne di un tempo: Nelle comunità di montagna dove la produzione castanicola assumeva maggiore importanza, le operazioni di raccolta comportavano una mobilitazione che prevedeva (come, per esempio, nell’appennino Pistoiese) la sospensione di ogni altra attività. Analogamente a quanto accadeva per la vendemmia e la raccolta delle olive. Una delibera consiliare stabiliva la data di inizio e di fine della raccolta delle castagne. Solitamente la raccolta aveva luogo nel periodo compreso tra settembre e i primi di novembre, spesso la sua conclusione era fissata per la festa di Ognissanti.
E ai poveri? Le castagne rimaste in terra: Subito dopo la conclusione della raccolta, i castagneti si aprivano a quei residenti che desideravano raccogliere le castagne rimaste sul terreno, tra le foglie scartate dal proprietario o semplicemente non viste. Questa pratica denominata “Ruspo” era di notevole importanza soprattutto per i più poveri, raccogliere o non raccogliere le castagne scartate era essenziale per alimentarsi o non alimentarsi.
L’albero del pane: Con la farina di castagne si confezionava un pane assai nutriente ma non gradevole. Si potevano preparare anche polente, torte di vario tipo, confetture e castagnacci, quest’ultimi con l’aggiunta di vari ingredienti: pinoli, uva appassita e noci. In alcuni periodi della nostra storia in zone quali l’Amiata, le popolazioni montane si alimentavano con pane di castagne per tutto l’anno.
Campagna e città: nei secoli e per gran parte dell’anno il consumo delle castagne era fondamentale e documentato per le popolazioni di montagna e di campagna, mentre entrava sporadicamente nella dieta delle popolazioni che vivevano in città.
Legno di castagno: nonostante il potenziale calorico non sia dei più alti e sebbene il legno bruci male (con poca fiamma e molta cenere), il legname di castagno è stato sempre ambito come combustibile, sia verde che secco. Veniva dunque abbondantemente raccolto insieme ai ricci e al frascame sia come riscaldamento domestico per farne commercio, vista anche la forte richiesta per la produzione dei laterizi, della calcia e delle attività di tintoria. La cenere di castagno veniva usata come fertilizzanti per il terreno o per il bucato e molto richiesto per il funzionamento delle ferriere e delle officine dei fabbri.
Insomma, anche quando le castagne erano buone, erano funzionali alla scienza e alla tecnica del tempo, in poche parole alle attività umane.
(Info tratte dal bel libro di Alfio Cortonesi, Il medioevo degli alberi, Carocci editore che ringraziamo).