Grano: immaginate la scena: c’era un’azienda agricola con un filare di mele annurche e campi coltivati a grano e Miezz ‘u gran si incontrano i due amanti. Nel 1909, quando questa canzone fu scritta dal poeta napoletano Edoardo Nicolardi, il grano era diverso da adesso. Nazareno Strampelli che è stato il nostro più grande genetista, l’uomo del grano, quello che per primo ha lavorato sul miglioramento genetico della pianta, e ha incrociato varietà nostrane con quelle giapponesi per abbassare la taglia e far emergere delle resistenze alle malattie, insomma Strampelli aveva appena cominciato l’attività e infatti il grano era molto alto. Tutta l’energia andava per far crescere il culmo, quindi un campo di grano all’epoca assomigliava a una foresta di grano. Se il gladiatore, cioè Russel Crowe fosse davvero passato in un campo di grano, che poi all’epoca era farro, sarebbe stato sommerso dalle spighe, e non come si vede nel film… dove il grano gli arriva alle ginocchia. I campi di grano ai primi del Novecento erano ancora luoghi pieni d’ombre dove potevi infrattarti, soprattutto a una certa ora quando gli uomini stanchi crollavano per la fatica. Gli uomini crollano, pure i mariti. Ma l’amante sta sveglio, come potrebbe essere altrimenti, aspetta lei che è sposata e ha i capelli d’oro come il grano maturo, così luminosi e preziosi che lui si sente morire di dolore se non li accarezza: dove altro se non miezz’ ‘u gran? Oje Stella, Stè, c’aspiette ‘nu signale/’O ggrano ammaturato è culor d’oro/ E ‘sti capille tuoje sò tale e quale/E ‘o ssaje ca i’ mme ne moro,Si, ‘mmiez’ ô ggrano, nun m’ ‘e ffaje vasà.
Questa canzone celebra un incontro tra due amanti che dovrebbe avvenire di lì a poco, prima della mietitura. È un inno alla vita, all’amore, sì al tradimento, al sesso. Un momento di abbandono. Perché il percorso dell’amore non è un percorso vero senza un momento di abbandono.
Ciliegie: Che poi questo percorso com’è? Se fosse un arco efficace, come quello descritto dalle piante, allora sarebbe un percorso che va dall’essere amati all’amare, un arco di gioia e vita piena, teso verso la luce ma appunto, le piante lo sanno, altro che luce… il percorso è pieno di accidenti e inciampi, e spesso ci troviamo a cantare l’amore perché non c’è. Che misteri…fino a ieri l’amore era lì, come le ciliegie, abbondanti e a disposizione mia, tua, vostra, nostra, di tutti. E allora, se l’amore è così abbondante come le ciliegie, perché oggi c’è e domani no? Forse per questo molti autori napoletani cantano e ricantano l’amore, per svelarne il mistero, e tuttavia, è passato un secolo da quelle canzoni e niente, il mistero si infittisce.
Le ciliegie, un topos della canzone napoletana. Nella canzone E cerase, ci sono fronde di ciliegie abbondanti che prima ispirano gli amanti o poi li fanno disperare: lei era qui, fino a un anno fa mi dava baci abbondanti come le ciliegie, proprio come quelle che vendevo per strada e ora dopo tanti baci, lei si è sposata con un capitano di un legno genovese, e se ne è andata e mi ha lasciato da solo a vendere le ciliegie: cosa c’è di più crudele di un cesto di ciliegie rosse, ognuna delle quali mi ricorda i baci dati alla mia amata che ora non c’è più?
L’anno passàt, ò tièmp d’è ccerase/Facèv’ammòre, cù na Purticès/Abbasci’ò Granàtiello stèv’è case/ E a chiammàvan Rosa Brucculosa/…belli tiemp, De lacrime e de vase, Ogni lacrema quant à nà cerase
Il ciliegio è una pianta meravigliosa. In molte culture è il simbolo del desiderio. Vuoi per le ciliegie, appunto, rosse, succose, ma soprattutto per i fiori bianchi che fioriscono all’improvviso. Magari la notte prima vedi quella pianta di ciliegio spoglia, anonima. Ma durante la notte la temperatura si è alza, giusto un grado, e il giorno dopo la pianta è piena di fiori bianchi: il ciliegio esplode e con il suo biancore lunare illumina il deserto intorno.
Quale albero potrebbe dunque simboleggiare la potenza dell’amore? Anche il nostro desiderio esplode all’improvviso, a volte quando meno te l’aspetti. Tuttavia, le esplosioni causano danni, anche quando sono piene di buone intenzioni. E difatti, questa pianta esprime anche l’altra parte del desiderio, quello meno raccontata, perché più sporco e cioè il possesso, ti desiderio e ti voglio, sei mia e sarai mia per sempre, guai a te se non sarai più mia: il possesso mortifica il desiderio, si impossessa di quei fiori, li strappa, li può uccidere prima del tempo.
Per questo nella cultura giapponese il ciliegio è il simbolo dell’impermanenza. Un monito: la bellezza fiorisce e sfiorisce, non pensare di prolungarne la vita col tuo desiderio, perché anche il tuo desiderio è impermanente, cioè fragile e destinato a finire, come tutte le cose. Se siamo coscienti della fragilità del desiderio e non della sua potenza, possiamo sentire meglio, con più intensità, la bellezza di quella fioritura.
Comunque, impermanenza o meno, nell’immaginario sonoro napoletano le ciliegie tornano, spesso al pane.
Reginella, forse una delle canzoni napoletane più famose, scritta da Libero Bovio, nel 1917. Lui rincontra lei e lei è cambiata, e allora ricorda quando erano felici e vivevano di pane e cerase e baci. Che poi mangiare pane e cerase è stata una specie di dieta del tempo, e che, secondo me, vinceva a mani basse sulle varie diete che oggi vengono propinate, insomma si trattava di unire l’essenziale, cioè il pane, simbolo millenario di pace, al dolce, alla ciliegia, essenzialità più lusso, scusate conoscete una dieta migliore?
Reginè’, quanno stive cu mico/ nun magnave ca pane e cerase/Nuje campávamo ‘e vase, e che vase!/Tu cantave e chiagnive pe’ me!/E ‘o cardillo cantava cu tico: “Reginella ‘o vò’ bene a stu rre!”
A parte che le ciliegie in fatto di sostanze nutritive non sono seconde a nessuno.
Volete una sostanza capace di controllare la frequenza cardiaca e la pressione? Ecco il potassio. Un giorno sì un giorno no, parliamo degli antiossidanti? Le ciliegie sono ricche di antocianine, che sono una specie di farmaci antinfiammatori. Poi nella ciliegia c’è una buona dose di vitamina C e di melatonina. Quest’ultima – recitano i prontuari medici- “oltrepassando la barriera ematoencefalica, sembra poter esercitare un effetto lenitivo sul sistema nervoso e aiutare a combattere problemi come il mal di testa e l’insonnia”. E infatti, quante amate dormono felici, sognanti dopo aver mangiato le ciliegie e ispirano le fantasie di poeti…sono così tante che potrebbero anche non essere reali, ma un’emanazione del poeta di turno, immaginano così l’amata, belle e dormiente, una ciliegia soddisfatta e appagata che emana desiderio: insomma, capite i risultati della dieta pane e cerase?
Però esistono canzoni meno note che raccontano non un amore sognato o finito, ma, al contrario, di come un amore può crescere, rafforzarsi, partire dalla materia brutale, dalla terra e andare verso il cielo. La canzone sconosciuta ai più si intitola appunto: pace e cipolla, di autore ignoto.
Pane e cipolle: Voglio dire oggi che siamo nel paese di Masterchef, il paese dell’abbondanza, della raffinatezza, diciamo che è un cibo che magari non apprezzeremo, ma ai primi del Novecento, quando si era ancora nel paese di Pinocchio, cioè il paese della povertà e della miseria, è realistico che lui scopre la bellezza di lei perché la vede mangiare pane e cipolla, e fa un’associazione semplice: un ragazza che mangia pane e cipolla deve essere schietta, onesta come la terra e la cipolla e rende al vita degna di essere vissuta. Anche perché, se ti abitui a pane e cipolle poi più facilmente e con più gusto passi a pane e ciliegia, insomma torniamo a quell’arco che collega la terra e il cielo, le cipolle alle ciliege.
Tu stive mmiez’ ‘a terra ‘o mese ‘e austo/ Sott’ a ll’ombra ‘e ‘nu cievezo mangiave pane e cepolla /e cu’ ‘nu tale gusto che a me veneva a voglia d’ ‘o pruvà