La molestia sa essere indefinibile, ben camuffata, persino invisibile, eppure c’è. Bene, un libro affronta la questione: Questo è il piacere di Mary Gaitskill (Einaudi Supercoralli).
Quin, editor di successo a New York, è sposato con una donna bellissima e ha tante amiche che porta a cena, a pranzo, che accompagna a fare shopping. Quin corre da loro ogni volta che sono in preda allo sconforto offrendo preziosi consigli, il suo aiuto, le sue coccole (“sei una creatura meravigliosa”), e in più le fa divertire (si rende anche ridicolo pur di farle ridere). Di fatto Quin riesce sempre a dire quello che le sue amiche vorrebbero sentirsi dire (non è questo il banalissimo gioco della seduzione narcisistica?), e si fa anche sostenitore attivo della loro femminilità più libera, con consigli su come portare i capelli, camminare, vestire, cosa fare con gli uomini, perché, dice, vuole spingerle a trovare il loro io più profondo.
In tutto questo non c’è quasi mai il sesso di mezzo, la maggior parte delle volte le amiche mettono un limite fin da subito e lui lo rispetta. E allora? Cosa c’è che non va?
Quin è abile, e infrange certi confini molli e intimi usando altre porte: si prende un posto dentro le fantasie erotiche delle sue amiche facendo domande, mettendo loro ogni tanto un dito vicino la bocca, mandando video imbarazzanti, o ancora invitandole a fare giochi particolari, come sculacciare la segretaria per punirla giocosamente di un ritardo.
Tutto qua? Se comunque non c’è il sesso, quale è la moneta di scambio del gioco? Si tratta di qualcosa che sta ancora più in alto e prima del sesso: il bisogno di riconoscimento. Quin lo soddisfa con il continuo esercizio del potere, la ricompensa del gioco per lui è semplicemente che le amiche gli lasciano fare quello che lui vuole fare, anche se in fondo non vogliono, anche a loro discapito. Per le amiche quel bisogno di riconoscimento si tramuta in scarsità di difese: c’è qualcosa che accettano, qualcosa per cui ridono, ma che le sta erodendo.
Il libro, che ha due voci narranti, quella di Quin e quella della sua amica Margot, ha il pregio di srotolare una narrazione basata sull’estrema precisione, usando una camera da presa perfettamente messa a fuoco sui quei movimenti sottili, millimetrici, ambigui, spesso impossibili da perimetrare, su cui si muove per definizione la molestia, e di usare questa estrema precisione per generare continuamente il dubbio, facendo oscillare a ogni pagina il lettore nell’incertezza: più tutto viene visto in modo chiaro e più sembra complicato capire: dove sta il male? C’era veramente del male? Il libro non cerca di influenzare né giudicare, ma quell’universo eccentrico di cose divertenti e svilenti insieme, di gentilezze e invadenze, funziona come aggravante. Le amiche ne diventeranno consapevoli.