Per noi umani ci sono le vitamine e vari integratori, e certe pozioni magiche, comunque utili al benessere, al mantenimento della salute, soprattutto quella intestinale: Per le piante ci sono i biostimolanti: ma che sono? Cosa stimolano?
All’inizio, chissà, fu il letame: che come sappiamo, anche dalla nota canzone fa nascere i fiori, altro che diamanti (che comunque dovrebbero essere per sempre, perlomeno secondo una nota pubblicità d’epoca). Poi vennero, probabilmente, le alghe.
All’inizio, dicevamo, letame e alghe univano all’effetto fertilizzante (di sicuro notato dai nostri acuti progenitori), quello correttivo e ammendante. Ma questo all’inizio, appunto. Ora, la moderna bibliografia unisce il tutto e parla di effetto biostimolante.
E allora, contestualizziamo? Facciamo un po’ di storia?
Letame: il nome dovrebbe ricordare la tendenza ad allietare i campi e in effetti noi Sapiens, fin dagli esordi, abbiamo prestato attenzione alle feci animali, soprattutto a quelle di erbivori, vuoi perché dove ci sono erbivori (stambecchi, gazzelle) ci sono predatori (dunque o li potevamo cacciare o ci dovevamo difendere: i moderni cacciatori raccoglitori non hanno cambiato abitudini), ma anche perché, nel Paleolitico i rifiuti venivano collocati fuori dai campi (ancora oggi in molte regioni del mondo è così) e appunto, come dice la canzone, quelle discariche, ricche di escrementi umani e animali, erano rigogliose e teatro lussureggiante di specie diverse: e infatti, il letame allieta i campi.
Quando l’agricoltura prese il via, queste intuizioni si trasformarono in pratiche agricole e poi in teoria. L’umismo, per esempio: le piante attingerebbero dal terreno la sostanza organica che a loro abbisogna. Sappiamo inoltre che Lavoisier formulò la legge degli equilibri, che aprì poi il campo a grandi scoperte, la nutrizione carbonica atmosferica (De Saussure), la sintesi dell’urea (Wohler), la nutrizione fosfatica, l’apporto azotato dall’atmosfera (Liebig), la nutrizione azotata (Lawes e Gilbert).
Dunque, pur vero che l’umismo era limitato ma vero anche che il ruolo della sostanza organica non si può ridurre solo ad apportare elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio e micro e macro-elementi), nonché ad ammendante (cioè azione correttiva sui caratteri fisici), ma è noto ormai che svolge anche un’ampia azione biostimolante (grazie agli acidi umici). E poi è da considerare che le piante superiori vivono in simbiosi con la microflora e la microfauna presenti nella rizosfera e nella chioma delle piante. Da più di 500 milioni di anni. Esempi di simbiosi? Quella tra leguminose e rizobi presenti nei noduli radicali: i rizobi attingono azoto dall’atmosfera e lo cedono alla pianta, questa in cambio fornisce carboidrati e altri elementi necessari. E le micorrizie, ovvero simbiosi tra ife fungine e alghe che rendono con effetti fortificanti per la pianta.
Per quanto riguarda le alghe poi, noi Sapiens ce ne siamo mangiati a iosa (i nostri antenati attraversarono lo stretto di Bering durante la glaciazione di Wurm nutrendosi di alghe).
Ma a parte, nelle aree costiere dell’Atlantico (Bretagna e Irlanda), si interravano le alghe per migliorare la fertilità, per esempio la Palmaria Palmata (un’alga rossa della famiglia delle Palmariaceae, nota tra gli anglosassoni con il nome di dulse) era impegnata per preparare il terreno prima di piantare patate.
Comunque, per venire all’oggi, la concezione moderna di biostimolante (sostanze che promuovono la crescita delle piante, senza rientrare nella categoria dei correttivi, ammendanti e agrofarmaci) la si trova in una delle prime riviste web dedicata al mantenimento dei tappeti erbosi.
Insomma, i biostimolanti (anche in nome dell’antica saggezza del passato) stanno cominciando a diventare cool, ma l’approccio scientifico impone a noi tutti di dimostrare l’efficacia di un trattamento.
Bene, lo stato (scientifico) dell’arte (e fonti varie) dimostra che l’applicazione di un biostimolante dà luogo a un miglioramento (la pianta è più efficiente nell’uso di elementi nutritivi o più resistente agli stress), che tuttavia dipende o è fortemente influenzato dalla base organica di partenza e dal tipo di processo produttivo impiegato. Dunque, viva i biostimolanti ma viva la ricerca perché ci fa capire cosa funziona e cosa no.
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