Come spiegheresti la vite e il vino a un principiante?
Direi che il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del frutto della vite, dell’uva o del mosto ma considerarlo solo tale, o basarsi su un’unica definizione, può risultare limitante: conoscere a pieno il mondo del vino rappresenta sempre una sfida, sia tu uno scienziato, un professore, un professionista del settore, un appassionato o un semplice bevitore.
Che dici ci vogliamo applicare in questa sfida?
Sì, solo che per addentrarsi veramente nel mondo del vino è necessario analizzare tutte le sfere che orbitano attorno a questa bevanda, a partire da quella più puramente storica e viticola, passando per quella enologica e scientifica, commerciale, fino ad arrivare alla sfera gustativa ed emozionale.
Andiamo per sfere allora, la prima, immagino è quella storica.
Il primo sguardo per conoscere meglio questo mondo è quello rivolto alla terra, alla vite e al suo frutto, che annualmente ci permette di fermentare il mosto e di ottenere il vino. L’uva non è solo tra le più importanti colture orticole mondiali, ma ha profondi e antichi legami con la nostra storia evolutiva e con lo sviluppo della cultura umana.
Spiega.
Nella famiglia delle Vitaceae è il genere Vitis L. ad avere una maggiore importanza agronomica e si compone di oltre 70 specie generalmente interfertili e presenti quasi esclusivamente nell’emisfero settentrionale. Tra queste, la Vitis Vinifera L. è la specie più largamente impiegata nell’industria vitivinicola globale per la produzione di vino. È inoltre l’unica specie indigena dell’Eurasia e probabilmente comparsa per la prima volta circa 65 milioni di anni fa.
Ok, e oggi?
Due sono le forme che tutt’oggi coesistono in Eurasia e in Nord Africa: la forma selvatica, V. Vinifera subsp. Sylvestris, e la forma coltivata, V. Vinifera subsp. Vinifera (o sativa), impiegata per la produzione di uva da vino.
Seppur risultano migliaia le diverse cultivar di V. Vinifera sativa esistenti, attualmente il mercato è dominato solo da poche varietà, e questo in gran parte a causa del modo in cui il vino viene commercializzato e, più anticamente, dal processo di domesticazione della vite.
Cose è successo durante questo processo?
Durante il processo di addomesticamento l’uva è stata soggetta a radicali cambiamenti, sia dal punto di vista genetico che morfologico, dovuti per lo più alle esigenze di vinificazione, al raggiungimento di una migliore fermentazione e all’ottenimento di una produzione più regolare.
Non è noto, però, se questi cambiamenti siano avvenuti in un arco di tempo ampio attraverso incroci o selezione naturale o umana, o siano avvenuti rapidamente attraverso mutazioni genetiche, selezione e successiva moltiplicazione per propagazione vegetativa. Incerti rimangono anche il luogo e il tempo dove questo processo di domesticazione originale sia avvenuto o se ce ne siano stati di secondari o del tutto indipendenti.
Dove è avvenuto il processo di domesticazione?
In ogni caso, prove storiche e archeologiche suggeriscono il Vicino Oriente come centro di domesticazione primaria. Il primo reperto archeologico a testimoniare la produzione di vino risale a circa settemila anni fa ed è stato trovato in Iran, nei Monti Zagros settentrionali, mentre semi di uva domesticata risalenti a ottomila anni fa sono stati rinvenuti in Georgia e in Turchia.
E poi?
Dai primi areali la vite si è progressivamente diffusa nelle regioni adiacenti, Egitto e Mesopotamia, fino alle regioni del Mediterraneo, seguendo le principali civiltà: Assiri, Fenici, Greci, Etruschi, Romani e Cartaginesi. Furono in seguito le principali rotte economiche a diffondere la vite nelle regioni più settentrionali d’Europa, diventando comune in tutte le aree di produzione che conosciamo noi oggi.
Gli antichi romani furono i primi a dare un nome alle varietà di vite coltivate, anche se risulta difficile identificarle o correlarle specificamente con le cultivar moderne, mentre è durante il Medioevo che compaiono i primi nomi di varietà note tutt’oggi.
Poi la vite ha viaggiato oltre oceano, no?
Con il passare del tempo, la V. Vinifera si è espansa fino a colonizzare territori in cui non era autoctona, come l’America, l’Australia e la Nuova Zelanda, e questi eventi di espansione geografica indussero ulteriori cambiamenti nella diversità genetica della specie. Accadde lo stesso a causa dell’introduzione in Europa di nuovi agenti patogeni della coltura, come la Fillossera, in grado di determinare una drastica riduzione nella coltivazione della vite e la necessità di ricorrere alla produzione di ibridi di diverse specie di V. Vinifera.
Ok, torniamo all’oggi?
Rivolgendo l’attenzione ai giorni nostri, possiamo affermare che gli ultimi cinquant’anni sono stati protagonisti di un’ulteriore radicale riduzione della diversità genetica della specie, dovuta alla globalizzazione delle aziende e dei mercati e al dominio delle cosiddette cultivar internazionali (Chardonnay, Merlot, Cabernet Sauvignon e via dicendo), con la conseguente scomparsa di varietà minori autoctone e locali.
Scusa quindi se ti chiedo quali sono i vitigni di oggi e quale è stata la loro storia evolutiva…?
Quindi, alla domanda apparentemente semplice, “Quali sono i vitigni di oggi e qual è stata la loro evoluzione” la risposta è tutt’altro che semplice, va ricercata nella storia evolutiva dell’uomo e della vite e richiede particolare attenzione, nonché studi genetici, molecolari e genomici approfonditi.
Bene, puoi indicarmi quali sono le potenzialità (se ci sono) del territorio viticolo italiano?
Il territorio italiano ha enormi potenzialità in campo vitivinicolo ed enologico. (considerazione piuttosto facile da fare considerando la sua storia).
Ma…
Ma il vero punto di svolta è capire quali sono queste potenzialità, se esse calzano con il mercato del vino attuale, in rapidissima e continua evoluzione, con il mondo in cui viviamo e con le possibilità che questa Terra ci offre, anch’esse sempre in perenne cambiamento. Bisogna anche dire che non è sufficiente individuarle, le potenzialità vanno espresse e sfruttate. Cosa tutt’altro che semplice o banale. Soprattutto in un periodo storico caratterizzato da problematiche ambientali come quello attuale, e in campo agricolo specialmente, dove queste potenzialità cambiano a seconda delle possibilità.
Siamo un po’ tutti nella stessa barca.
Certo, però produrre uva non è come produrre scarpe, e per dare vita ad un vino, a maggior ragione un buon vino, è necessario capire e soddisfare le esigenze della vite e del suolo dove questa cresce.
Dici che siamo troppo concentrati sul prodotto finale?
Sì, siamo abituati a pensare solo al prodotto finale del processo produttivo ignorando quello che precede e l’importanza della materia prima. Per ottenere un vino di qualità è necessario innanzitutto avere un’uva di qualità, e le tecniche e tecnologie enologiche sono importanti al pari del suolo, del clima e delle pratiche viticole.
Quindi torniamo alla questione di cui sopra, abbiamo un territorio con molte viti autoctone…
Il nostro paese vanta il primato in termini di biodiversità e si caratterizza per la presenza di un grandissimo numero di cultivar autoctone, risultato di secoli di selezione naturale ed umana che hanno portato all’instaurarsi di uno stretto rapporto cultivar-ambiente. Il risultato è un caleidoscopio di vini locali, con un gusto vario e originale, la cui tipicità deriva dalla somma tra cultivar, suolo, clima e stile di vinificazione.
Ok, che ce ne facciamo di queste cultivar?
In diverse aree, inoltre, il riscaldamento globale sta mettendo a dura prova la sostenibilità della viticoltura e il raggiungimento di alti livelli qualitativi nella produzione di vino. L’accumulo accelerato di zucchero e la perdita di acidità rappresentano nuove sfide per viticoltori ed enologi, già alle prese con un mercato in rapidissima espansione, caratterizzato dalla comparsa di nuovi stili, nuove aree di produzione e dal cambiamento del gusto del consumatore.
Dunque?
L’impiego di cultivar internazionali e l’enfatizzazione di specifiche pratiche enologiche, come può essere l’affinamento in barrique, hanno progressivamente globalizzato il gusto del vino appiattendo le potenzialità derivanti dalle cultivar stesse e dall’areale di produzione. Nella situazione attuale, un punto chiave potrebbe essere quello di rivolgere l’attenzione al patrimonio varietale locale, riesaminandone il valore enologico, le potenzialità di marketing e la possibilità di contrastare gli effetti negativi dovuti al cambiamento climatico.
Interessante, non facile però, abbiamo tanti prodotti tipici, ma poi a rendere sono gli stessi 4 o 5, quindi è tipico molto selezionato che diventa globale. Per la vite? Stessa cosa?
Per questo bisogna comprendere l’importanza biologica ed economica delle varietà locali, coltivate in quantità limitate ma capaci di dar vita a vini di qualità dal gusto autentico e originale, il cui valore si fonda sulla rarità e sul territorio di produzione. In più, è molto importante capire se il ricorso a cultivar minori può rivelarsi una strategia per contrastare gli effetti dell’innalzamento della temperatura nelle dinamiche di maturazione delle uve e nel raggiungimento di alti standard qualitativi finali. In questo contesto, lo stretto legame tra cultivar e ambiente può rivelarsi un punto di forza.
Spiega.
Il vero quesito da sottoporsi è: produrre vino a partire da varietà locali ed autoctone, ad esempio il Sagrantino o il Grechetto, per citare vitigni a me cari, può rappresentare una chiave di svolta nei riguardi delle problematiche ambientali ed un mezzo per “svecchiare” un mercato del vino ormai saturo e caratterizzato da poche varietà internazionali?
Hai proposte o progetti per valorizzare questo mercato particolare?
Come accennato prima, dei 260 milioni di ettolitri di vino prodotti annualmente nel mondo, oltre il 60% si realizza con un numero piuttosto esiguo di vitigni, definiti internazionali: Cabernet Sauvignon, Syrah, Merlot, Chardonnay, Pinots, Petit Verdot, e altri.
Prodotti enologici nuovi e tipici sono in grado di suscitare la curiosità di un pubblico vasto, soprattutto giovane, e di stimolarne il consumo. I vitigni autoctoni, meno conosciuti, offrono vini differenziati e particolari, che esprimono al massimo il loro potenziale solo se coltivati nell’areale geografico d’origine, e caratterizzati da specifiche qualità organolettiche.
Quindi?
Quindi risulta necessaria una comunicazione adeguata e moderna, che spieghi e allo stesso tempo racconti la storia e il particolare legame istauratosi tra quell’uva e quella terra, per stimolare la curiosità e rendere le persone più consapevoli di quello che stanno bevendo.
Autenticità e tipicità sono divenute, in un mondo del vino dal gusto così globalizzato e omogeneizzato, qualità da saper riconoscere e valorizzare.
Bisogna saperli raccontare?
Ciò che distingue un prodotto da un altro è la storia che esso racconta, che è unica e profondamente radicata in un territorio, e per questo irriproducibile. La forza del settore vitivinicolo italiano, a fronte di un mercato del vino in continuo cambiamento, risiede proprio nella sua tradizione, nel complesso delle memorie, notizie e testimonianze che fanno del vino prodotto in uno specifico territorio un vino autentico e irripetibile.
Vuoi finire con appello?
Solo due parole riguardo al progetto che sto portando avanti in Umbria, la regione dove sono nata e cresciuta, e ai suoi vini, a me molto cari.
Vai.
Il progetto si chiama “Umbria Green Card” ed è nato con l’intento di collegare lo sviluppo sostenibile umbro con le eccellenze paesaggistiche ed enogastronomiche del territorio, per offrire una visione a trecentosessanta gradi delle diverse tradizioni e tipicità regionali.
Come?
Credo che per conoscere un territorio sia necessario immergersi in esso completamente, in tutte le sue sfumature, ed assaporare paesaggi e peculiarità tipiche di quella terra, che ne raccontano e tramandano la storia. Per questo motivo la mia idea è quella di unire i diversi vini umbri con i prodotti caratteristici del territorio; olio, birra o altre tipicità culinarie, utilizzando come linea guida l’attenzione ed il rispetto per la terra.
Il progetto Umbria Green Card offre agevolazioni per quanto riguarda la mobilità elettrica e mette in connessione più aziende, provenienti da diverse aree del territorio, che hanno fatto della sostenibilità il principio cardine della filosofia aziendale, per offrire al consumatore un prodotto autentico e genuino.
Perché un prodotto di qualità, al pari di un buon vino, è frutto sì di conoscenza e tradizione ma, prima di tutto, di una terra sana.