Nel 2008 pubblicai Scienza e sentimento (Einaudi), dove, ammetto, prendevo un po’ in giro Pietro Citati. In un articolo apparso su Repubblica nel 2006, Citati rimpiangeva i pomodori della sua infanzia: perché avevano molto sapore mentre quelli di oggi non sapevano di niente.
Non era tanto la questione agronomica a interessarmi ma, diciamo così, la semplificazione di un problema complesso con la rituale formula “una volta era meglio”. Si può definire come sapere nostalgico: solo nel passato c’erano valori.
Comunque, poi Citati scrisse una stroncatura al mio libro su Repubblica che finiva così “Ma è un pasticcione: nel suo libro sostiene che avevo una casa a Cerro Ligure, mentre l’avevo a Cervo Ligure, un bellissimo paese della Liguria occidentale. Dunque, non sa leggere. E, se non sa leggere, dubito che si intenda di pomodori e di qualsiasi cosa dell’universo. Se non sa leggere, non sa scrivere: come infatti dimostra il suo melensissimo libro”.
Adesso, vai a spiegare a Citati che sono disgrafico e dislessico e abbondo in refusi, ma, a parte che la stroncatura mi fece vendere molte copie, quella critica mi fece capire che abbiamo diritto alle nostre emozioni e queste spesso passano anche attraverso il pomodoro.
Ora, se le emozioni servono, e accendono il nostro sistema deliberativo, tuttavia, siccome ci troviamo di fronte a scelte complesse, vale la pena usarle non per rimpiangere il passato ma per affrontare i vari aspetti del problema di oggi, e il più importante è: come facciamo a produrre tanti e buoni pomodori per tutti, cioè per miliardi di persone? Se li produciamo solo a Cervo Ligure capite bene che non avremmo pomodori per tutti. In più va considerato il fatto che più della metà della popolazione mondiale abita nelle città e non sempre ha la campagna fuori porta. Quindi, come facciamo?
Sono domande che a mio parere andrebbero nell’agenda di ogni progressista che si rispetti, di sinistra o di destra. Sono domande che possono essere affrontate con la ricerca di base e l’innovazione, che altro non sono che forme di ingegno collettivo.
Una forma di narrativa moderna, polifonica che unisce e integra più voci.
Comunque, chi aveva ragione? Avevano più sapore i pomodori di una volta? I genetisti dicono di no, le varietà che oggi coltiviamo presentano tratti qualitativi sicuramente superiori a quelle del passato, presentano maggiore quantità di licopene, di betacarotene, di vitamina C, resistenze a stress biotici ed abiotici, consistenza delle bacche.
Però una cosa è prenderlo nell’orto una cosa al supermercato, e metterlo in frigo (non si fa).
Comunque, spero che Citati abbia avuto una bella infanzia e tanti ricordi da cui attingere e spero che le generazioni future ne avranno di migliori, senza rimpianti e nostalgie. E abbiano a disposizione tanti e diversi e buoni pomodori.
Ecco, oggi parliamo appunto del pomodoro, anche per affrontare i problemi con le emozioni.