Il magistrato Giacomo Urbano lavora in alcune zone del Casertano considerate, e a ragione, molto difficili, come il litorale Domizio. In questa intervista ci racconta lo stato dell’arte (il bilancio presenta parecchie sfumature) e ragiona su alcune soluzioni.
Come vanno le cose a Castel Volturno?
Potrei dirti che le cose vanno meglio, che qualcosa si muove, che gli indicatori utilizzati per le conferenze stampa di fine anno del Ministero dell’Interno, della Giustizia o dell’Ambiente sono in impercettibile ascesa. Potrei snocciolare statistiche, trend, analisi sociologiche più o meno raffinate o più o meno veritiere, da usare alla bisogna della ribalta mediatica di turno. Frasi ad effetto infarcite di retorica. Potrei dirti che si è recuperata alla balneabilità quasi tutta la costa, che il numero dei reati è in discesa, che ci sono realtà istituzionali, sociali, imprenditoriali, sportive importanti ed in un aumento.
Ma?
Ma tutto questo si scolora se non ci diciamo che Castelvolturno, il cuore africano della provincia di Caserta, è diventata la città dal fortissimo disagio sociale, enclave delle illegalità di tutti i tipi e con la più alta incidenza di extracomunitari in Europa con problemi d’inserimento, perché noi, tutti noi benpensanti miopi degli ultimi 40 anni, siamo stati tanti Struzzi, dall’elegante collo allungato ma dal respiro corto che abbiamo preferito mettere la testa sotto quella sabbia – ahimè non più dorata – e abbiamo continuato a fare altro. Il nostro altro, di tutti i tipi.
Cioè?
Come è possibile che sia stata e continui ad essere attrattiva la disperazione? Come è possibile che anni fa quando stavo in Sicilia, dei poliziotti con cui lavoravo mi dicevano che le ragazze ed i ragazzi africani sbarcavano a Lampedusa a mani nude, senza nulla addosso se non un bigliettino nei pantaloni con due scritte: Castel Volturno ed un numero di telefono. Come è possibile che chi scappa o semplicemente si sposta per scelta o necessità, va a vivere in un posto dove si sta peggio rispetto a prima?
Ma che luoghi sono questi?
Destra Volturno, Pescopagano o Bagnara sono spesso luogo di approdo dei disperati, di quelli senza speranza, non solo extracomunitari ma anche cittadini campani, napoletani delle periferie, delle città e delle anime.
Che bisognerebbe fare?
Depotenziare l’attrattività della disperazione, questo è quello che bisogna fare. Quei quartieri sono stati teatri di posa a cielo aperto di Dogman, L’imbalsamatore, Indivisibili, Gomorra e tanti altri. Film che raccontano violenza, emarginazione, storie dark, tormentate, storie criminali. In una sorta di Immedesimazione tra realtà e finzione. Rompere questo assioma, ma in che modo? Questa è la domanda senza risposta. Con piani Marshall? con leggi straordinarie? con poteri speciali? con incentivi e investimenti pubblici? Forse si, con tutte o alcune di queste cose messe insieme ma in primis con una presa di coscienza del Nostro essere Struzzi e magari con una visione, quella di un altro film girato li, dal titolo che è tutto un programma: Il Vizio della Speranza.
Quali sono i reati più diffusi in queste zone?
Sono i soliti reati propri di un territorio casertano, costiero e agricolo allo stesso tempo, di una terra devastata nel corso degli anni dalla camorra, dalla immigrazione clandestina e dalle illegalità edilizie ed urbanistiche. In questa panoramica, però, invece che farti un freddo elenco, ti segnalo due ritorni che mi piace immaginare legati alla continua attività di contrasto agli illeciti ambientali che da anni vede impegnato l’ufficio dove lavoro: il ritorno alla nidificazione della cicogna bianca di Grazzanise e Cancello Arnone e quello della tartaruga Caretta sul litorale di Castelvolturno. Simboli di resilienza della natura che non vuole cedere il passo.
Spiega, perché è importante?
Spesso le indagini che riguardano la repressione dei reati legati all’ambiente, nella specie all’avifauna e al bracconaggio sono considerate minori.
Da tutti?
Sì, medesima percezione dell’opinione pubblica, della Polizia Giudiziaria non specializzata, dei cattedratici della parte Speciale del Diritto Penale, dei Media ma anche della stessa Autorità Giudiziaria, spesso recalcitrante a fare indagini su questi reati considerati di poco appeal.
Non la pensi così immaginino…
In realtà credo che queste siano indagini da società illuminata, evoluta, futuribile, da Procura 4 o 5.0 che si occupa della vera fauna non di quella finta di cui gli uomini si travestono. Una Procura che si occupa di boschi non di sottoboschi, dei cardellini della Madonna di Raffaello degli Uffizi, dei colori fantastici del loro piumaggio, un ufficio che si occupa dei ladri di Futuro non dei ladri di questo stupido presente. Una Procura che si prende cura delle biodiversità non delle pseudonormalità, del cardellino bianco Sangue e Crist’ di Gomorra e non di Gomorra, de «Il cardellino» di Donna Tartt, del mercato nero di Ballarò a Palermo e di Sant’Erasmo a Napoli, di chi non ha voce ma che ha molto di più: la Bellezza. Insomma, una Procura che dà la caccia ai ladri di Natura, ai ladri che svuotano i cieli ed i mari, una Procura che piacerebbe a San Francesco.
Spiega, nella pratica perché salvare l’avifauna significa molto per l’ambiente?
L’ uccellagione è il sistema, vietato dalla legge, di cattura di un numero indiscriminato di volatili con mezzi fissi, di impiego non momentaneo e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie o altri strumenti fissi). Queste condotte delittuose compiute in modo massivo rappresentano una grave minaccia alla biodiversità; l’alterazione delle relazioni esistenti tra le specie viventi e i loro habitat, causata dall’attività antropica illecita è un pericolo per l’equilibrio dell’ecosistema e il conseguente danno al patrimonio ambientale è incalcolabile.
Conseguenze?
La distruzione degli habitat costringe le specie che per natura vivono in mondi completamente diversi ad avvicinarsi. Come, ad esempio, animali selvatici di specie differenti. Si generano così nuovi contatti tra animali da allevamento, fauna selvatica e uomo. Fenomeni come questo facilitano la comparsa di nuovi agenti patogeni e la diffusione di malattie umane.
Esempi?
Proprio in tema di distruzione di volatili, come nel caso dell’uccellagione, in un lavoro riportato su Nature si descrive come il virus West Nile è tramesso da diverse specie di uccelli passeriformi all’uomo, tramite punture di zanzara. Si è scoperto che se il numero di specie di uccelli nell’ecosistema si riduce (per causa dell’impatto antropico) aumenta il rischio di trasmissione del virus all’uomo. Questo perché gli ecosistemi soggetti ad impatto antropico tendono ad essere dominati da specie di uccelli che amplificano la densità del virus, aumentando il rischio che le zanzare lo trasmettano all’uomo. Al contrario, ecosistemi ricchi di specie di uccelli contengono molte specie che mantengono il virus a densità bassa, riducendo la probabilità che le zanzare (e quindi l’uomo) ne vengano infettate.
Per concludere, torniamo al buon proposito annunciato in apertura: “depotenziare l’attrattività della disperazione”. Come si fa? Voglio dire, visto i numeri: il continente Africano è quasi arrivato a un miliardo e mezzo di cittadini, fra poco raggiungeranno in numero sia noi sia le Americhe, visto poi che l’Asia conta 4.5 miliardi di persone e arriveranno a 5 miliardi, visto che probabilmente cambieranno i flussi migratori per varie regioni, insomma volendo proporre delle soluzioni per quello che è un microambiente (rispetto al mondo) il litorale Domizio e le zone interne che cosa concretamente ci possiamo inventare?
Cosa possiamo concretamente fare di fronte a questa enclave nel cuore della Campania Felix, ancora poco conosciuta, per certi versi inesplorata, non da prime time nel palinsesto della cronaca giudiziaria, meno che mai in quella politica o di costume? Cosa possiamo inventarci senza avere un PNRR o una intera legge finanziaria a disposizione?
Sì, cosa possiamo fare?
Accendere i riflettori e creare l’attesa in cui coltivare la curiosità, apparecchiare la tavola all’opinione pubblica, illuminare quelle disperazioni e perciò stesso depotenziarle.
Come?
Mischiando il materiale con il morale, il pratico con l’estetico.
Cominciamo col pratico?
Impedire con i mezzi consentiti dalla legge che le villette abbandonate di impiegati ed operai della Dubai napoletana che si facevano la seconda casa sulla spiaggia, siano e diventino rifugio degli irregolari -immigrati e non – che trovano un’opportunità in queste case dismesse. Iniziare a togliere la possibilità di occupare le case e trovare alloggio.
Il materiale?
Rompere quel ritmo sincopato di illegalità che tutti i giorni si ripetono dall’alba al tramonto: i furgoncini dei caporali diretti nei campi per la raccolta alle 5, le vedette che nel pomeriggio in bici vanno avanti e indietro per il traffico di droga e la sera la Domiziana che si popola di prostitute.
L’estetico?
Oggi, come ieri, l’unico l’antidoto alla banalità del male è la conoscenza, il pensiero, la riflessione che le persone fanno sulla realtà e su loro stesse, anche attraverso l’accensione dei radar serventi di una consapevolezza più profonda della propria storia, personale e collettiva, funzionali a comprendere quello che di unico accade, nella specie, a pochi chilometri da Napoli o da Roma, nell’indifferenza generale dei più che considerano, queste realtà, cose di altri, lontano da sé, abdicando all’esercizio della coscienza, della giustizia e della pietà umana che si celano, invece, ovunque, senza barriere di nazione, di colore, di tempi, di luoghi.