Cominciamo da titolo. Agricoltura femminile singolare. Perché?
È un titolo che riassume in tre parole l’essenza del libro. Si parla di agricoltura – il mio argomento preferito – femminile, attraverso il lavoro e la vita di dodici donne provenienti da varie parti del mondo e che hanno vario titolo a che fare con la produzione di cibo. Intervisto agricoltrici, ricercatrici, politiche, giornaliste, cooperatrici di ONG. Singolare perché sono storie raccontate con l’intimità di chi sta aprendo la propria vita ai lettori perché spera che la propria testimonianza possa essere utile a chi legge; ma da queste singolarità emerge come tutti, tutte, facciamo rete e creiamo un tessuto integrato fatto di singoli nodi.
Raccontaci un paio di storie
Ho intervistato donne di tutte le età, è vero. Il libro si apre con la più anziana, Ines, una contadina che per pudore non desidera rendere noto il suo cognome. Il suo racconto è importante perché non dobbiamo dimenticare cosa è stata la vita contadina in passato: fatica, lavoro senza sosta, incertezze, fame. Oggi diamo il cibo per scontato: sano, sicuro e a buon mercato. Il racconto di Ines è il passato da cui tutti noi proveniamo e che abbiamo potuto superare grazie all’innovazione in agricoltura e nel processo di produzione del cibo. Il libro si chiude poi con la più giovane delle intervistate, Anita Giabardo, studentessa friulana che al momento si sta specializzando negli Stati Uniti sui temi più pratici e concreti della sostenibilità in agricoltura. È cofondatrice di un’associazione ambientalista che cerca di affrontare i temi legati al cambiamento climatico con molto pragmatismo, cercando di tenere lontane le ideologie. Poi c’è Catherine Langat, manager keniota esperta in tecnica delle sementi, mi ha raccontato che quando andava a scuola era fra i fortunati ad avere un cestino del pranzo. Un giorno qualcuno, un bambino che il pranzo non lo aveva, le ha rubato il cibo sostituendolo con un sasso. Catherine mi ha detto che quel giorno, mentre piangeva per la fame e nessuno poteva aiutarla, ha imparato che non importa che tu abbia da mangiare se qualcun altro non ce l’ha: è un problema che prima o poi arriverà a toccarti. Ecco perché lei lavora per fornire sementi di qualità, innovative, produttive e resilienti, agli agricoltori.
Per chiudere, ci fai un piccolo elenco di innovazioni necessarie?
Da quando l’agricoltura è stata inventata, tra i 9mila e gli 11mila anni fa, il 50% degli incrementi produttivi è dovuto al miglioramento genetico. Continuare a innovare nel campo della genetica e delle biotecnologie è la cosa più importante per l’intensificazione sostenibile della produzione agricola. Poi ci sono altri ambiti piuttosto interessanti: il digitale per esempio consente la massiccia raccolta di dati di campo, elaborando i quali si può migliorare l’utilizzo degli input produttivi come acqua, sementi, fertilizzanti, agrofarmaci e lavoro umano. Si diventa più efficienti. Credo infine sia necessario innovare il modo in cui comunichiamo: smettere di spaventare i consumatori/elettori e cominciare a coinvolgerli nelle problematiche da affrontare e nella scelta delle possibili soluzioni innovative a disposizione.