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Home L’Innovazione

Come funziona? CRISPR CAS9 (ma piano piano un pezzo alla volta, seconda puntata)

da Redazione Web
22/03/2021
in L’Innovazione
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Studiando e sequenziando i genomi, a partire dagli anni ’80, si è visto che il DNA di alcuni batteri, presentava delle ripetizioni, cioè, a spaziature regolari, erano raggruppate delle sequenze di basi, brevi e palindromiche da qui CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats).

A che servono queste sequenze palindromiche raggruppate con regolarità? Dopo anni di ricerca e per via casuali (come avviene spesso nella scienza) si è capito che quelle sequenze altro non sono che la memoria immunitaria dei batteri.

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I batteri sono organismi unicellulari, dunque (a differenza di noi umani) non hanno linfociti. E allora, se sono attaccati da alcuni virus, come lo riconoscono? Semplicemente portando dentro il proprio DNA pezzi di DNA virale, che appunto viene raggruppato in brevi sequenze di basi, sistemate in spaziature regolari.

E come se, perdonatemi l’esempio, io che sono di fede calcistica napoletana, avessi introiettano nel mio sistema di difesa contro la Juve, la frase CR7 che (nel mio genoma) si ripete a sequenze regolari. Così quando la Juve entra in campo, posso riconoscere la maglia numero 7 di Cristiano Ronaldo e affrontarlo, cioè eliminarlo e sperare così di far collassare l’intera squadra.

Allo stesso modo, quando un virus attacca un batterio, il batterio stesso fa partire il suo sistema di difesa, appunto, un pezzo di RNA con la sequenza Crispr. Questo RNA Crispr legge il DNA del virus, se lo riconosce (se le basi sono le stesse, insomma se vede la maglia), grazie a una proteina, la Cas 9, taglia e annulla, cioè degrada il genoma virale e annulla così il pericolo.

Questo meccanismo attivo nei batteri, si è scoperto, funziona anche in laboratorio, dunque si aprono delle opportunità per un editing genomico preciso e mirato: possiamo tagliare pezzi di genomi che non ci piacciono o sostituirli con altri.

Come? Se conosciamo il genoma di una pianta, e sappiamo che quel gene ha una funzione specifica, possiamo costruire (o disegnare) un sistema Crispr Cas9, grazie al quale modificare, con grandissima precisione, quel gene. Sempre per usare la scontata metafora calcistica, costruisco un sistema Crispr Cas 9 che riconosce i giocatori in campo, così posso eliminarli o sostituirli: taglio uno e/o inserisco un altro.

Esempio. Le nostre amate Viti. Il vino ci piace, ne parliamo, ci confrontiamo, è materia di vanto. Sappiamo anche che alcune viti non si possono modificare (coltiviamo ancora varietà vecchie di 200 anni), perderemo la particolarità e la qualità di una varietà se volessimo, che so, introdurre una resistenza a un patogeno incrociando le nostre varietà con altre. Tipo le americane e le asiatiche, con le quali la Vite europea si può incrociare.

Questo è il motivo per cui sulla Vite il miglioramento genetico è poco usato ed è anche il motivo per cui, per produrre un buon vino, non ci resta che usare fungicidi, altrimenti le Ife del fungo infestano la foglia e ne limitano le capacità.

Sappiamo anche che nella sola Unione Europea si usano circa 60 mila tonnellate di agrofarmaci, e più precisamene il 65% di fungicidi. Possiamo ridurne l’uso? Sì, col Crispr Cas9.

Vediamo come. I funghi per entrare cercano la serratura adatta. La serratura è regolata da geni. Noi conosciamo quel gene (perché abbiamo sequenziato il genoma della Vite), sappiamo cioè la sequenza di basi che lo compongono.

Bene, con il sistema Crispr Cas9, possiamo fare in modo che un RNA opportunamente preparato arrivi su quel gene (la serratura) e lo tagli. Così non c’è più la serratura e l’Odio (nel caso specifico) non riesce a entrare.

I genetisti sono entusiasti, sperano di riuscire sia ad aumentare le resistenze delle piante (e diminuire così la quantità di agrofarmaci) sia a modificare con precisione dei geni (magari quelli che possono fornire qualità alla pianta). Il Crispr non costa molto, è relativamente facile da usare, è preciso e può essere utilizzano dalle pubbliche università per migliorare i nostri prodotti tipici.

Vogliamo cambiare l’agricoltura? La buona notizia è che si può fare, abbiamo parecchie innovazioni da provare. La cattiva notizia? Non parliamo abbastanza e con costanza e pazienza di queste tecniche, quindi il cittadino non è informato della nuova straordinaria cassetta degli attrezzi, e così pensa al passato e non lavora con i nuovi utilissimi (e poco costosi) strumenti.

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