Il mio cibo dell’infanzia è un odore, un’immagine e poi un luogo. Tra le circa 15 case di questa frazione ce n’è una in particolare, dove mio nonno sta affettando la lonza in cantina. Persino l’umidità oscura è affascinante in questa stanza. La lonza è rossa, tonda e profumata. Poi esco dalla cantina e mi siedo al tavolo della cucina/sala da pranzo, dove nonna mi ha preparato una bella tazza di latte caldo, molto caldo, con miele, molto miele. Poi mi porge anche dell’uovo sbattuto, pieno di zucchero: “Angeladè le ha raccolte nel pollaio stamattina”. Nella sera, cammino per le vie fresche guidata dalle lucciole, e nonna mi dice di non avere paura.
Nulla è come il mistero di Colledoro, che mi sveglia tutti e 5 i sensi.