Piante Cattive – Storie velenose, urtincanti e letali è un preziosissimo e bellissimo libro scritto da Katia Astafieff, biologa, viaggiatrice, scrittrice, originaria del Lorraine (classe ’75), pubblicato in Italia grazie a add editore. Il libro conduce in un viaggio eccitante, divertente e scientifico dentro il mondo delle piante che, spiega l’autrice, sono meravigliose, intelligenti ma possono essere anche terribili.
Per gentilissima concessione dell’editore, che ringraziamo, pubblichiamo qui un piccolo estratto del libro, dedicato al peperoncino.
“Il peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanaceae, come il pomodoro e la melanzana, e al genere Capsicum, tipicamente americano. Gli amerindi coltivano infatti questa pianta da oltre mille anni. Lo “scopritore” ufficiale del peperoncino fu l’illustre Cristoforo Colombo, che lo vide sull’isola di Hispaniola, oggi divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana, e lo portò in Europa.
All’epoca il peperoncino era chiamato
axi o agi dagli amerindi, e Colombo lo descrisse così: «Vi era in abbondanza pure axi che è il loro pepe, di qualità che molto sopravanza quella del pepe, e non v’è chi mangi senza di esso, che reputano assai curativo». Il peperoncino fu importato in Europa dai navigatori portoghesi verso il 1530 da Goa. Oggi l’India è il primo produttore mondiale e la spezia è perfettamente integrata nella cucina tipica che potete gustare, a vostro rischio e pericolo. La spezia più diffusa è il Capsicum annuum, che include numerose varietà di peperoncini forti e dolci, anche se questi ultimi vengono generalmente chiamati “peperoni”. Negli attuali cataloghi europei si contano circa 2300 varietà di peperoncini e peperoni.
Ma perché il peperoncino brucia tanto le papille gustative?
La principale responsabile del suo sapore piccante è una molecola chiamata “capsaicina”, un composto chimico che appartiene alla famiglia degli alcaloidi. E non è un caso se la pianta sintetizza questa molecola: la protegge infatti dai predatori. Non tutti gli animali amano il chili con carne o i gamberi piccanti, e quasi tutti evitano volentieri di mordere una pianta che arroventa le loro papille. Ma poiché la natura fa le cose per bene, gli uccelli sono insensibili al peperoncino: in questo modo possono consumarlo senza problemi e diffonderne i semi attraverso gli escrementi.
Troviamo sostanze simili nel pepe (la peperina) e nello zenzero (il gingerolo). La molecola lanciafiamme fu scoperta e isolata nel 1816 dal chimico tedesco Christian Friedrich Bucholz. Trent’anni dopo fu battezzata “capsaicina” da un certo John Clough Thresh, che la sintetizzò in forma cristallina. Nel 1878 toccò al medico ungherese Hőgyes Endre dimostrare che la sostanza era irritante, ma anche che aumentava la secrezione di liquidi gastrici.”
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A ogni modo, se avete la bocca in fiamme dopo aver mangiato un peperoncino un po’ forte, bere un bicchiere d’acqua è inutile; la capsaicina è idrofoba, ovvero è insolubile in acqua. Preferite piuttosto un bicchiere di latte o di olio. E un altro consiglio: dopo aver maneggiato del peperoncino lavatevi bene le mani ed evitate di toccarvi gli occhi”.