Nell’antico Egitto, circa 2000 anni fa, più del 90% dell’energia impiegata era generata dalle braccia, mentre il restante, un misero 10%, dalla forza motrice degli animali. Se facciamo un salto in avanti, fino al 1800, il lavoro delle braccia scende al 70%, quello degli animali occupa un buon 15%, poi ci sono piccole percentuali di energia ricavate dai mulini a vento, dalle ruote idrauliche e dai primi motori a vapore. Passano altri cento anni, siamo al 1900, inizia il nuovo secolo e già abbondano i declini, i disorientamenti esistenziali, e la quota di lavoro umano più quella animale scende quasi al 40% dell’energia prodotta. Le ruote idrauliche e le turbine continuano a lavorare, mentre il motore a vapore va alla grande. Ma dobbiamo aspettare il 1950 per vedere i motori a combustione interna avanzare e diventare dominanti. Eppure, la quota lavoro umano e animale era ancora intorno al 10%.
Questi dati mettono in evidenza che per millenni la legna e il carbone di legna sono stati la principale centrale energetica. Il carbone, gli idrocarburi, sono cose recentissime. Smil calcola che il carbone ha raggiunto il 5% del mercato globale intorno al 1840, il 10% del 1855, il 15% del 1865, il 20% nel 1870, il 25% nel 1875, il 33% del 1885, il 40% nel 1895 e il 50% nel 1900.
Le transizioni energetiche sono molto lente, per vari motivi. Molte delle soluzioni proposte e utilizzate girano ancora sulle fonti fossili. Vaclav Smil ci fa notare, per esempio, che ancora oggi per ricavare elettricità dal vento serve carbone e petrolio. Sembra un controsenso, puntiamo tutto sulle energie rinnovabili, fotografiamo bei paesaggi dove le pale girano. Eppure, le turbine stesse sono l’emblema dei combustibili fossili. Grandi camion portano l’acciaio e altre materie prime sul sito di costruzione, macchine in movimento terra traccino i sentieri, spesso in posti impervi per poi posizionare le pale. Dice Smil, considerato tutto il processo: “Per una turbina da 5 megawatt, servono in media 150 tonnellate di acciaio, solamente per le fondamenta in calcestruzzo. La produzione di acciaio è uno dei pilastri che fonda il mondo moderno (gli altri sono l’ammoniaca, la plastica e il cemento e tutti e 4 si fondano ancora per l’85% su combustibili fossili) e nella fattispecie necessità di un grosso quantitativo di energia: “minerali ferrosi che hanno subìto un processo di sinteraggio e di pellettizzazione sono fusi all’interno di un altoforno caricato a carbone”. Insomma, fatti i conti, per costruire il numero di turbine eoliche utile a soddisfare la domanda di energia da qui al 2030 – secondo i calcoli di Smil – c’è bisogno di 600 milioni di tonnellate di carbone. E questo senza considerare altri indispensabili processi. Come per le turbine eoliche così è anche per tante altre pratiche, ritenute di primo acchito sostenibili.
La verità? Il nostro mondo ancora oggi si basa, più o meno, sull’84% delle fonti fossili – dati 2019. Pensate che nel 2000 eravamo all’86%
Capite la contraddizione? Ci vuole molta energia intellettuale e sano metodo d’analisi per una nuova energia pulita!
Vcal Smil, Energia e Civiltà, una storia, Hoepli;
Vcal Smil, I numeri non mentono, Einaudi.