Intervista al Professor Vincenzo Michele Sellitto, esperto internazionale in Suolo e Tecnologie per lo sviluppo e l’innovazione sostenibile in agricoltura
Mi spieghi in breve cosa c’è in una manciata di terra?
Direi innanzitutto, di parlare di suolo e non terra. Perché il termine suolo porta con sé una storia evolutiva associata quindi al concetto di vita. Il suolo nasce, si evolve e può morire proprio come un essere vivente. Ritroviamo al suo interno un numero incredibilmente elevato di organismi viventi tutti coinvolti in misura più meno diversa nelle funzioni essenziali per l’uomo, per gli ecosistemi e per la vita stessa. Stiamo parlando del più importante serbatoio di biodiversità del nostro pianeta insieme agli oceani. In una manciata di suolo (circa 200 g di suolo) possiamo trovare circa 0,5 g di organismi viventi, molti dei quali sono microrganismi invisibili ad occhio nudo. Facendo le debite proporzioni questo significa che in un ettaro si possono trovare 5000kg di organismi viventi.Probabilmente ci sono più microrganismi nel suolo che stelle nell’universo.
Cosa fanno le comunità microbiotiche che rendono vivo il suolo?
Le comunità microbiche, anche indicate come microbioma del suolo, assumono un ruolo fondamentale in tutti quei servizi ecosistemici assolti nel suolo. In sintesi, partecipano e regolano il turnover della sostanza organica, regolazione della biodisponibilità degli elementi nutritivi, controllo dei patogeni e difesa, mantenimento della struttura del suolo e regolazione dei processi idrologici, scambi gassosi ed il sequestro del carbonio, disinquinamento, e sviluppo delle piante.
Attualmente le comunità microbiche come vengono usate?
Ad esempio, possiamo usare spore di funghi quali il Trichoderma spp per il biocontrollo di molte delle patologie fungine che riguardano l’apparato radicale delle piante; il fungo Pochoniachlamydosporia per contenere i danni di alcuni nematodi fitopatogeni, cisticoli o galligeni che rappresentano una delle problematiche più sentite in agricoltura, con perdite annue fino al 20% delle produzioni a livello mondiale. Allo stesso modo anche il controllo biologico degli insetti dannosi può essere realizzato tramite l’uso di funghi entomopatogeni come ad esempio la Beauveriabassiana,. Discorso simile per quanto riguarda alcune patologie fogliari come la muffa grigia, l’oidio e la monilia possiamo utilizzare spore dei batteri del genere Bacillus tra cui ad esempio il Bacillus subtilis, e Bacillus amyloliquefaciens. Più il suolo è vivo meno inquina la nostra vita.