Residui di agrofarmaci nel piatto? Ma quanti residui? Come si calcola quel residuo, ovvero LRM, Limiti Massimi di Residuo?
Abbiamo girato la domanda ad Angelo Moretto, professore Ordinario di Medicina del Lavoro (tossicologia industriale), che da anni si occupa di valutare il rischio da esposizioni a sostanze chimiche, con specifico interesse per prodotti fitosanitari e loro metaboliti.
Prima di tutto chi autorizza un nuovo Prodotto? Sia l’autorizzazione sia l’immissione in commercio e all’uso dei prodotti fitosanitari è garantita dalle autorità competenti, EFSA (European Food Safety Authority) e EChA (European Chemicals Agency) e dai i competenti ministeri (in Italia in Ministero della Salute).
Questi organismi hanno il compito di valutare una corposa mole di studi e documenti che, a loro volta, le industrie produttrici hanno l’obbligo di sottoporre all’esame delle autorità competenti. Gli studi devono essere eseguiti in accordo con protocolli sperimentali, approvati e condivisi dalla comunità scientifica, al fine di garantire qualità uniforme e adeguatezza dei dati forniti.
Procedimento complesso, costoso e lungo dal punto di vista burocratico. Un prodotto fitosanitario deve soddisfare, fra gli altri, i seguenti requisiti in seguito al suo uso corretto:
a) essere sufficientemente efficace;
b) non avere alcun effetto avverso, immediato o ritardato, sulla salute umana o animale;
c) non avere alcun effetto inaccettabile sui vegetali o sui prodotti vegetali.
Da questi studi si definiscono appunto i Limiti Massimi di Residui (LMR o MRL in inglese) che si possono trovare nelle derrate alimentari in seguito all’uso corretto dei prodotti fitosanitari, e il limite di esposizione per l’ambiente e per l’uomo. Per l’uomo, in particolare, si definiscono la Dose Giornaliera Accettabile (GDA o ADI in inglese), la Dose Acuta di Riferimento (ARfD in inglese), e per l’agricoltore quella accettabile di esposizione (AOEL in inglese).
Non finisce qui, perché un prodotto fitosanitario è autorizzato solo se gli LMR sono compatibili con ADI e ARfD, ovvero se la quantità di residuo ingerito con la dieta è inferiore a ADI e ARfD. Lo stesso, per l’agricoltore. Ci deve essere un’esposizione in seguito all’attività di applicazione del prodotto, inferiore all’AOEL. Se queste condizioni non sono rispettate, il composto non è autorizzato.