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Home Editoriali

Zitti un po’, parla il grano.

da Antonio Pascale
31/05/2023
in Editoriali
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Ogni tanto è d’obbligo: ricordare il grano, dico. È la prima pianta agraria che abbiamo domesticato, e dunque al grano, ai suoi miti, ai suoi simboli, al piacere di mangiare-  e alle dicerie sul pane e sulla pasta, alle paure varie (di ingrassare, di mangiare troppo carboidrati, il gonfiore) – insomma a tutto questo, che ci piaccia o no, siamo legati, credo indissolubilmente.

Le fasi fenologiche del grano sono quelle più conosciute e celebrate: accestimento, levata, botticella, fioritura e spigatura. Sono cambiamenti visibili a tutti, il grano cresce e cambia la forma dei campi, da prati erbosi e bionde distese sotto il sole. 

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Ogni fase del grano ha la sua importanza, la sua bellezza, una certa poeticità per gli animi sensibili ma anche le sue malattie. Finisce l’accestimento e inizia il mal del piede (un fungo che danneggia la parte inferiore del culmo). Inizia la levata e cominciano varie malattie fungine, la Ruggine, la Septoria, lo Oidio, mentre la fioritura e la spigatura possono essere rovinate dalla ruggine e dalla fusariosi della spiga.

Il miglioramento genetico negli ultimi cento anni ha fatto molto per proteggere la nostra pianta preferita dall’invasione dei funghi, la chimica poi ha fatto il resto, ma il miglioramento genetico, perdonatemi il bisticcio, è in continuo miglioramento e altre tecniche si stanno affinando.

Gli istituti sperimentali, vedi il Crea di Foggia (ha la sua storica sezione di Cerealicoltura e Colture Industriali) sono consapevoli dei problemi futuri: c’è da garantire un’elevata produttività, efficienza associata ad un alto tasso di biodiversità, questo vuol dire che bisogna far girare in cerchio la materia (elementi nutritivi, sostanza organica, etc.) e chiuderlo in maniera efficiente, con meno sprechi possibili.

Meno sprechi significa anche realizzare cultivar capaci di resistere o adattarsi a stress Abiotici (stress idrico per esempio) e Biotici (attacchi parassitari).

Le resistenze agli stress hanno le loro basi genetiche, quindi è necessario identificare queste basi genetiche. Detta in breve, capire non solo le basi genetiche ma anche attraverso quale metabolismo la pianta utilizza in maniera più efficiente acqua e nutrienti, in particolare di azoto. Per esempio (è una ricerca del Crea di Foggia) c’è modo di associare alcuni batteri alle radici del grano, così da garantirne una maggiore efficienza allo stress idrico. C’è una sperimentazione in corso che potrebbe portare buoni risultati. 

Il grano è una pianta antica, e se vogliamo raggiungere una migliore adattabilità alle mutate condizioni climatiche, in equilibrio con l’utilizzo sostenibile delle risorse, va sfruttata la biodiversità esistente (le tracce del passato) per generare nuove cultivar.

Anche per questo il Centro CREA di Foggia dispone della maggiore dotazione di collezioni di biodiversità di specie erbacee.

Tutto scorre, Panta rei dice uno dei detti più antichi, attribuiti ad Eraclito, tutto cambia, a volte il cambiamento ci prescinde, altre volte ci mettiamo il nostro carico da 90, ma gli esseri viventi hanno strumenti per adattarsi. Al nostro ingegno la capacità d trovarli e utilizzarli al meglio, perché il grano ci regala il pane e la pasta, e la filosofa francese Simone Weil ci spiega che il bambino che ha fame non smette di piangere se gli spieghiamo che non c’è pane, continua a piangere. 

Non facciamo piangere i bambini, salviano il pane (e la pasta certo), dal flusso continuo del cambiamento che potrebbe portarci in futuro a non avere più pane a sufficienza e a piangere invano: facciamo ricerca, sfruttiamo i campi sperimentali e la nostra intelligenza, proviamo, misuriamo, testiamo, e se funziona diffondiamo il verbo, cioè il nuovo grano. 

Precedente

Storia delle nostre paure alimentari, a proposito di grano, Alberto Grandi col suo nuovo libro ci spiega un po’ di cose interessanti sulle farine (Storia delle nostre paure alimentari, Come l’alimentazione ha modellato l’identità culturale, Aboca edizioni)

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