Ogni tanto guardo i video dei terrapiattisti: li reputo istruttivi. È un’assurda ipotesi quella loro, grottesca, e non vale la pena di perderci tempo, eppure una cosa mi colpisce: quando affermano di credere solo a quello che vedono, e, per esempio, dicono: dall’alto di una collina vedo la terra piatta.
Dire: “quello che io vedo vale di più di quello che milioni di persone in questi secoli hanno dimostrato”, significa mostrare terrore per le rivoluzioni, per le scoperte, per la meraviglia. Significa provare terrore per l’instabilità delle nostre vite: la terra si muove sotto i nostri piedi.
Il movimento destabilizza, e porta con sé delle domande: che ci facciamo noi su questa roccia? Perché giriamo disegnando delle ellissi perenni attorno alla nostra stella che a sua volta si muove nello spazio?
Tutto questo fa paura, mi rendo conto. E nei prossimi anni questo atteggiamento di negazione potrebbe allargarsi e accecarci, risultando nocivo alle nuove conoscenze che porteranno di sicuro nuovi e proficui smottamenti: per paura si rischia di alzare una barriera all’indagine sul mondo.
Per esempio, a proposito di terra in movimento, vale la pena annunciare un nuovo campo di ricerca che sta dando buoni frutti: stiamo scoprendo nuove forme di vita sulla terra, qui inteso come suolo agricolo.
Ebbene sì, meraviglie delle meraviglie, in parte lo sappiamo: invisibili comunità di microbi esistono ovunque sul nostro pianeta: in animali, piante, terreni, abissi oceanici e strati superiori dell’atmosfera.
Ma negli ultimi anni l’interesse per il mondo dei microrganismi e il tema del microbioma stanno crescendo in modo esponenziale, le discipline scientifiche se ne stanno occupando e, osservando la terra, si creano collegamenti tra specializzazioni molto diverse tra loro: dalla psicologia alla microbiologia. Un’altra bellissima rivoluzione culturale.
Come la rivoluzione copernicana ha spostato il nostro punto di vista, come il più grande eserto di piccioni e lombrichi, Charles Darwin, nel XIX secolo ha cambiato la nostra collocazione nel regno animale, in questi ultimi anni la scienza del microbioma umano ci sta dicendo che il suolo, la semplice terra, contiene moltitudini e noi siamo un pezzo di questa moltitudine.
Conoscere le altre forme di vita del suolo significa in prima battura riconsiderare il posto che occupiamo sul pianeta ma anche cercare insieme alcuni strumenti per risolvere dei problemi cogenti, come per esempio la perdita dello strato arabile che mette a serio rischio la fertilità del suolo e la nostra stessa civiltà del benessere: negli ultimi 150 anni abbiamo perso metà dello strato superficiale dei suoli. Solo negli ultimi 40 anni è diventato improduttivo oltre il 30% dei terreni coltivabili.
La terra non è piatta, è profonda come il mare, si muove che è una meraviglia, è abitata da microrganismi ai quali siamo legati, più indaghiamo tutti insieme, meglio viviamo tutti insieme.
Un bel libro pubblicato da Edagricole, Microbioma, One Health: dal suolo al benessere dell’Uomo (a cura di Vincenzo Michele Sellitto) fa il punto della situazione suolo e abitanti del suolo.
In questo numero riassumiamo lo stato dell’arte.