Tutti vogliono un amico contadino, magari vestito come il tipico contadino vestirebbe: un bel capello di paglia che fa pendant con il colore del grano pronto alla mietitura, in sottofondo.
Tutti vogliono un amico contadino che tra l’altro sta pure vicino casa, così è un attimo per far la spesa.
In tanti sostengono di avere questa fortuna, un amico contadino, vicino casa, con azienda agricola didattica, cioè le famose galline che ruzzano nell’aia e un paio di manze che si fanno pure accarezzare il musetto.
Tutti vogliono una campagna amica, per citare il famoso slogan della Coldiretti, nonché comprare negli omonimi i mercati che di tanto in tanto vediamo apparire nelle piazze principali delle nostre città.
Di fronte a questo immaginario tipico ci sono due strade: o alzi gli occhi al cielo, maledicendo l’irrealtà di tale scenario che contiene caterve di contraddizioni (e poi si sa che la presenza o l’assenza di un piano di realtà non solo è indice di salute mentale, perché una base di realtà è essenziale sia per l’analisi dei problemi sia per prospettare soluzioni), oppure si prende sul serio l’esigenza del cittadino che desidera un’agricoltura più vicina, meno impattante, più remunerativa, con meno players che fanno quello che vogliono, e che produca prodotti gustosi.
Tra le due forse è meglio prendere sul serio questi desideri e lavorarci, cioè evitare che simili speranze restino speranze, o peggio si trasformino in immagini stereotipate.
Visto e considerato come sono le nostre città, visto che nei prossimi anni le città conterranno il mondo intero e non solo, da un punto di vista energetico una grande città è più sostenibile di un bel borgo sui monti (anzi, se la città funziona bene, poi il borgo è più visitabile e ambito e fascinoso), insomma si può provare eccome a immaginare un’agricoltura cittadina.
Visto i vuoti urbanistici, visto i capannoni abbandonati, visto le distanze tra centro e periferia, visto e considerato tutto questo, il candidato ideale per una seria, realistica, innovativa campagna amica è l’agricoltura verticale. Che descritta in sintesi significa: a) controllare il substrato di crescita e fornire alla pianta solo quello di cui ha bisogno; b) controllare l’ambiente, così che possiamo impedire ai funghi e agli insetti di entrare e dunque ridurre a zero l’uso di agrofarmaci; c) ottenere un prodotto già pulito e libero da impurità, così lo potete mangiare senza avvelenarvi e magari confezionarlo mantenendo l’integrità e la salubrità; d) e infine realizzare queste strutture protette, anche in ambienti domestici, cittadini, metropolitani, così riportiamo la coltivazione dentro la città e forse potremmo cambiare anche le città che come sapete si stanno espandendo, diventano tentacolari, perdono l’aspetto tradizionale e diventano chissà cosa.
L’agricoltura verticale è un’ottima soluzione. Ovviamente vale per la vasta gamma degli ortaggi, mentre è difficile coltivare piante arboree o colture come mais, grano, soia ecc., difficile anche coltivare i legumi. Ma pensate che bello entrare in un supermercato che produce nel capannone accanto gli ortaggi che desiderate grazie all’agricoltura verticale: più chilometro zero di così?
Pensate che bello se accanto agli orti urbani, per carità molto utili ma che tuttavia svolgono una più che altro un’importante funzione didattica e ricreativa, nascano anche strutture tecnologiche, serre particolari dove si può produrre buon cibo, veramente sotto casa, controllatissimo e buonissimo e con poca energia (laddove funzionino a dovere i pannelli solari).
Non ci credete? Vi capisco: siamo assuefatti a un immaginario bucolico che non ci fa percepire le novità. Infatti, guardiamo con sospetto la straordinaria ascesa dell’Olanda che grazie all’ agricoltura verticale sta mettendo sul mercato cibo squisiti e a impatto zero.
In agricoltura ci piace la tradizione, insomma, il famoso contadino amico. Non pensiamo mai che l’agricoltura stessa nasce da un artificio tecnologico ed è andata avanti per millenni grazie a strumenti vari e spesso non così efficaci, comunque frutto dell’inventiva umana.
Insomma, vista il nostro passato da cacciatori raccoglitori, non pensiamo mai che l’agricoltura è innaturale. Oggi sembra innaturale l’agricoltura verticale: peccato.
Questo tipo di agricoltura ha molte potenzialità e limiti. Ma se stiamo su un piano di realtà, sperimentiamo, investiamo e analizziamo costi e benefici, otterremo soluzioni interessanti e in sintesi una (quasi) campagna ma molto amica.