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Home Editoriali

I cereali, ovvero: diversi modi di guardare il mondo

da Redazione
15/06/2022
in Editoriali
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I campi di cereali a metà giugno ci parlano. Dicono diverse cose:

A parte la bellezza delle balle prismatiche/cilindriche, indorate dall’alba e capaci di trattenere la luce del tramonto: quando il sole va giù, le balle ne raccolgono l’eredità, sono come piccoli soli che ci sorridono.

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A parte che quella paglia (se ben conservata, se protetta dall’acqua) tornerà a noi, interrata, e diventerà materia organica. 

A parte che i fusti dei cereali sono composti da cellulosa e lignina in primis e da cere, minerali e silicati, elementi che si decompongono lentamente, e che quindi possono integrare il foraggio, fare da lettiera al letame, essere intrecciati per innervare sedie, cappelli e borse o decorare gioiosamente addobbi natalizi.

A parte tutto questo: i cereali nutrono il mondo. Sì, grano tenero, grano duro, orzo, avena, riso, miglio, segale e farro, a cui aggiungiamo l’altra famiglia, quella del mais   (anche i campi di mais hanno la loro bellezza, quel materiale verde, culmi e foglie efficacissimo nel processo fotosintetico, bagnati dall’acqua degli irrigatori) loro nutrono il mondo. 

Infatti la loro assenza si sente, eccome, può buttare nello sconforto chi ne è colpito. E i cereali possono diventare arma di ricatto in mano a dittatori insensibili alla bellezza – che lo sappiamo si produce dando un senso (per quanto è possibile) al disordine oltre che sfamando gli affamati e combattendo la fame fonte disconforto e malattie varie.

I cereali poi fanno parte del mito. La loro importanza era quasi ovvia per gli antichi mentre purtroppo i contemporanei li snobbano (a forza di accedere al virtuale e immaginare il metaverso sottovalutano la necessità della terra, la sua durezza, l’asprezza, le contraddizioni che essa porta da sempre con sé). E se certo, li vogliamo tutti a colazione, spesso ignoriamo il processo, le difficoltà con le quali li produciamo e l’impegno, la cultura degli uomini che sanno come fare per rimetterli in circolo: Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati, cantava De Andrè Guadagniamoci la libertà, coltiviamo la terra, rendiamola migliore, parliamo allora dei cereali

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