Nel film il dormiglione, il nostro eroe Miles Monroe (alias Woody Allen) si sveglia nel 2173. Era stato ibernato 200 anni prima per via di un’operazione finita male. Al risveglio scopre che c’è stata una guerra atomica, insomma, tutto distrutto, e poi che c’è un dittatore che controlla la situazione. Allora Miles si finge un robot per aiutare la resistenza che si batte per la democrazia. È un film molto divertente, comico, e in tanti ricordano e citano la scena in cui Miles scopre l’esistenza di frutti giganti (alimentati da un cavo), come una banana enorme, che lui sbuccia e per poi scivolarci sopra, e una fragola con la quale colpisce un uomo: mio Dio ho steso un uomo con una fragola, dice.
L’agricoltura del futuro è stata più volte immaginata con tutto il pessimismo e la cupezza del caso: per esempio, quando ero bambino, il cibo del futuro erano le pillole, come quelle che – si diceva- usassero gli astronauti di prima generazione. Oppure, al contrario, in una versione ottimista: c’erano frutti giganti, ovviamente insapore.
Mentre noi ragazzini immaginavamo tutto questo, e le nostre nonne ci preparavano abbondanti ragù e bistecche spesse come non mai, l’agricoltura sembrava un settore votato al fallimento, in tanti prefiguravano un futuro lugubre. E invece per ora sta funzionando bene e tuttavia, lo sappiamo, non mancano i problemi.
Siccome – volendo azzardare una previsione – il futuro non sarà né ottimistico, nel senso che non avremo frutti giganti, né cupo, anzi mangeremo tutti, meglio prepararci ad affrontare un range di possibilità, insomma quello che sta in mezzo tra i frutti giganti e le pillole, tra il sol dell’avvenire e il buio oltre la siepe.
Ci sono altre forme di vita agricola, per l’esempio l’agricoltura verticale. In questo numero faremo 4 chiacchiere con un giovane ricercatore, Michele Butturini che lavora in Olanda. Il quale, molto onestamente, dopo aver elencato i benefici ci indica i problemi, cioè dove e su cosa lavorare:
“L’agricoltura di precisione – ci dice – sembra l’albero della cuccagna, ma ahimè ci sono ancora parecchi interrogativi irrisolti sull’agricoltura verticale, uno fra tutti l’uso esagerato di energia elettrica (che ad oggi si produce in grandissima parte con combustibili fossili e quindi tanta CO2…).”
Quello che però si sa – dice è che “la tecnologia alla base dell’agricoltura verticale non è ancora definitiva e si può ancora migliorare molto sul fronte della sostenibilità: riducendo la dipendenza dai fertilizzanti minerali, rendendo più sostenibili i materiali da costruzione e i substrati in cui crescono le piante e (soprattutto) aumentando l’efficienza energetica complessiva. Poi, trattandosi di una tecnologia di recente espansione, l’impatto socio – economico che avrà non è ancora chiaro: c’è chi è ottimista e chi no. I più critici, si spingono a mettere in discussione la necessità stessa dell’agricoltura verticale: lo scienziato ambientale Dr Jonathan Foley sostiene che “l’agricoltura verticale è fondamentalmente una soluzione alla ricerca di un problema”.“
Questo per dire – sottolinea Michele Butturini – che esistono ancora grandi sfide per l’agricoltura verticale. Elenchiamole senza paura: l’efficienza energetica, la redditività economica e l’accettazione da parte dei consumatori. Se queste sfide possono essere superate, l’agricoltura verticale ha un grande potenziale come fonte sicura di cibo di alta qualità.
Ma per ora l’agricoltura verticale è una grande scommessa: chi vivrà, vedrà-conclude Michele- e aggiungerei: chi si impegnerà per risolvere razionalmente con metodo scientifico i problemi, probabilmente scriverà il vero racconto di fantascienza agricolo del 2173, quello che manca.
Senza nulla togliere al dormiglione di Woody Allen.