Partiamo dall’Abc: L’uso di prodotti chimici è ampiamente diffuso in tutti i sistemi agricoli, compresi quelli biologici e biodinamici (non cambia molto se sono naturali e non di sintesi, sono sempre prodotti chimici e tossici per l’uomo e per l’ambiente), ed è impossibile pensare di eliminarli totalmente, si può solo tentare di sviluppare strategie per ridurne l’uso il più possibile.
Cos’è il Bacillus Thuringiensis: È un batterio che al momento della sporulazione produce tossine che risultano tossiche per varie famiglie di insetti, lepidotteri, coleotteri, ditteri, ma innocue per i mammiferi. Le tossine si attivano in ambiente basico. Nelle specie come i mammiferi il primo ambiente, quello dello stomaco, presenta com’è noto PH acido, quindi la tossina viene denaturata, manca poi in ambiente intestinale il recettore, dunque la tossina, per usare un termine non tecnico, non viene agganciata e passa via senza colpo ferire.
Le proprietà del Bacillus thuringiensis sono note fin dal 1920. La sicurezza è garantita. È l’insetticida più studiato al mondo, infatti è diventato il principio principe (se mi permettete l’assonanza) dell’agricoltura biologica. Sono a base di Bacillus thuringiensis la maggior parte delle formulazioni insetticide usate in agricoltura biologica.
Un esempio di lotta col Bt contro un insetto: la piralide. Questo batterio può contrastare efficacemente la piralide. Prendiamo la pratica della lotta integrata. È necessario preparare delle trappole per la piralide, così da definire, contando le larve a campione, quanti adulti avrebbero potuto infestare il campo. Dopo di che, introdurre una certa quantità del batterio Bt, proporzionale alle larve di piralide attese.
Tuttavia, arriva un problema, non secondario: le spore di Bt sparse a caso possono uccidere anche quegli insetti che non predano il mais, come la coccinella, un coleottero certo, ma un insetto utile, che preda altri insetti. Dunque, in una ottica di riduzione degli sprechi e aumento della biodiversità, la diffusione delle tossine ricavate da batterio (pur biologiche) presenta qualche inconveniente.
Ci sono altri inconvenienti: Alcuni maiscoltori coltivano grandi appezzamenti. Per loro, dunque, la suddetta procedura risulta costosa e faticosa. Tra l’altro anche il solo l’uso del Bt in formulazione biologica, come quello di qualunque insetticida con principio attivo diverso, comporta alcune pratiche agricole impattanti: devi entrare in campo per diffonderlo, dunque maggior inquinamento, compattamento dei terreni
Come rendere dunque l’uso del Bt più sostenibile. Provare con l’ingegneria genetica. Trasferire quel segmento di DNA Bt (poche basi) che producono le spore alla pianta stessa di Mais. Così la pianta stessa produce la tossina e solo quegli insetti che predano
la pianta muoiono. Le coccinelle si salvano. E poi si hanno meno spese. Non devi comprare l’insetticida né prendere il trattore, consumare gasolio e compattare il terreno con le ruote.
Come mai una pratica così sostenibile è stata abiurata? Bisognerebbe fare la domanda alle associazioni ambientaliste che si sono opposte in modo così violento e insensato a questa tecnica di miglioramento genetico.
Forse è ancora valido un vecchio sondaggio del 2003, a cura del Food policy Istitute della Rutgers. Il sondaggio prevedeva una decina di domande alle quali bisognava rispondere barrando la casella vero o falso. Più della metà degli intervistati hanno preso un voto insufficiente per avere risposto male a molti quesiti. Per esempio, solo il 47% degli intervistati ha capito che l’affermazione: il pomodoro normale non contiene geni, mentre quello modificato si, era falsa. Ciò vuol dire che buona parte di quei partecipanti al sondaggio pensano che le piante ogm siano “velenose” per il solo fatto di contenere geni. Un’altra parte degli intervistati pensava che se avesse mangiato un pomodoro modificato geneticamente quei geni passati nel frutto avrebbero modificato i geni umani. Portando avanti a questo punto altre bizzarre idee: mangiando pomodori ogm potremmo colorarci di rosso.