Essere bambini – quando hai la fortuna di essere un bambino felice – vuol dire avere tanto tempo, tanto tempo per giocare e pensare, per stare soli e non fare nulla e anche un tempo scandito e ben organizzato, rassicurante nella sua ripetitività. La felicità di un bambino è avere il tempo di fare merenda e la mia soprattutto era di avere accanto qualcuno che me lo ricordava ogni pomeriggio che era ora di farla, la merenda. Mangiavo la pasta cruda quando ero piccolissima, me lo ricorda mia madre, e il pane con lo zucchero quando ero poco più grande, questo lo ricordo da me perfettamente, il primo assaggio di un sapore dolce non credo si possa dimenticare.
“Olio e sale ti metto nel pane?”
“No, solo zucchero”
“Ti cadono i denti” e mentre mi avvisava, mia nonna già bagnava con un filo d’acqua la metà di un panino, non il pane scuro, quello dei grandi con la crosta croccante, ma quello bianco e mollicoso comprato apposta per noi bambini, e poi una manciata di zucchero che si attaccava alle mie e alle sue mani quando me lo porgeva e si appiccicava sulle mie labbra e sul mio naso quando tentavo di mangiarlo lasciando il pane intatto.