Io sono spaesato. Nel senso che non ho una cultura locale. Sono nato a Roma da padre napoletano e madre milanese. Ho succhiato il latte mescolando la cultura del burro con quella l’olio extravergine. Sono cresciuto con lo speck dell’Alto Adige, le costolette alla milanese (belle alte), la frittata di pasta, la fonduta valdostana, i pomodori di Sorrento con basilico e frisella, succhiando le teste dei gamberi, mescolando polenta porcini e stinco, intingendo pane secco nella forma semiliquida di gorgonzola.
Il motto della famiglia era la donna cuoce, l’uomo cucina: un modo per lanciare la sfida tra i fornelli dove maschi e femmine si sono cimentati e sfidati tra profumi e colori.