Due chiacchiere con Giuseppe L’Abbate che è stato un politico italiano e (con il Governo Conte), Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali.
Cosa è successo con il Decreto sul cannabidiolo?
Con l’approvazione dell’emendamento del Governo al Ddl Sicurezza è stato ribadito l’ovvio e cioè che la vendita delle infiorescenze di canapa di qualsiasi varietà, quindi sia indica che sativa, deve rispettare il DPR 309/1990.
Prima di andate avanti, un curiosità, sei favorevole alla legalizzazione della cannabis?
Sono favorevole alla legalizzazione della cannabis.
Nel settore la legge di riferimento è la 242/16, ne sai qualcosa…
Si, ho partecipato in prima persona alla discussione e approvazione della legge n. 242/16 in Parlamento e all’istituzione del tavolo di filiera presso il Mipaaf (oggi Masaf).
Ok, procediamo, anzi riprendiamo dall’inizio Cosa è successo con il Decreto sul cannabidiolo?
Molte associazioni di categoria, tra cui quelle agricole, accusano il Governo di provocare la chiusura di migliaia di attività e il licenziamento di migliaia di lavoratori. Questo è accaduto a seguito del dibattito emerso su un emendamento del Governo approvato al Ddl Sicurezza che modifica la legge n. 242/16, la quale disciplina e promuove la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa per usi diversi da quelli medici o farmaceutici.
Come stanno le cose?
Innanzitutto, i termini “Canapa Light” o “Canapa Legale” sono puramente di marketing. La “L.” accanto a “Cannabis Sativa L.” indica il nome di chi ha classificato il genere botanico, Carlo Linneo. Non esiste una canapa light, ma esistono le varietà Indica, Sativa e Ruderalis.
Bene, cosa dice allora la legge 242/16?
La legge 242/16 disciplina la coltivazione della varietà Sativa a basso tenore di THC (0,6%) e non ha mai consentito la commercializzazione delle infiorescenze e delle foglie al di fuori degli obblighi previsti dal DPR 309/1990, il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
Quindi di che stiamo palando?
Difatti la discussione potrebbe chiudersi qui: l’emendamento del Governo ribadisce semplicemente che l’utilizzo di foglie e infiorescenze è disciplinato dal DPR 309/1990. Tra l’altro, il nostro Paese ha sottoscritto e poi recepito in una legge, la Convenzione di New York del 1961 che prevede l’inserimento della cannabis nell’allegato 1 della Convenzione stessa classificandola come sostanza da tenere sotto controllo. Tale Convenzione è tutt’ora in vigore.
In termini legislativi non cambierà nulla?
Nulla, si ribadisce ciò che era già consentito prima dell’approvazione dell’emendamento.
Spiega.
Il DPR 309/1990, all’articolo 17, afferma chiaramente che chiunque intenda coltivare, produrre, fabbricare, importare, esportare, commerciare o detenere per il commercio sostanze stupefacenti o psicotrope deve munirsi dell’autorizzazione del Ministero della Sanità. Nello specifico, negli allegati al DPR, foglie e infiorescenze di cannabis, oli e resine, sono inseriti nella tabella II mentre il THC è inserito nella tabella I. La legge 242/16 ha mai modificato ciò? Assolutamente no.
Si sta dicendo anche che questa norma mette fuori legge la coltivazione della canapa sativa. È vero?
Assolutamente no. Proprio in base alla legge 242/16 è consentita la coltivazione della canapa per fini industriali delle varietà consentite usando sementi certificate. Una volta coltivata la pianta poi cosa posso farne? Semi, canapulo, ecc. possono andare nel circuito alimentare (olio, farine e altro), cosmetico, edile, ecc. mentre fiori e foglie devono rispettare il DPR 390/1990.
Quindi tutto dipende dal DPR 390/1990?
Sì, e coloro che protestano contro il Governo, se vogliono che la loro attività diventi legale (cioè la vendita di infiorescenze e foglie per un uso diverso da quello farmaceutico, già ben normato), devono chiedere la modifica del DPR 309/1990. Oppure, potrebbero chiedere di consentire la miscelazione delle infiorescenze di canapa sativa con il tabacco da sigarette, avviando così una filiera che parte dagli agricoltori sotto il monopolio dello Stato, garantendo tracciabilità e sicurezza per il consumatore finale che potrà consumare un prodotto controllato, al contrario di ciò che accade oggi, e aumentando il gettito fiscale.
Che altro c’è ancora da fare?
Il tavolo sulla canapa presso il Ministero ha ultimato il suo lavoro di stesura del piano di settore. Adesso questo deve essere approvato dal Governo ed inviato alla Conferenza Stato Regione per l’approvazione definitiva. È una cosa importante che le associazioni di categoria agricole dovrebbero chiedere perché è assurdo che un segmento della canapa (quello della vendita di fiori) blocchi tutti gli altri (alimentare, cosmetico, edile, ecc.). Tra l’altro il piano è già finanziato con il fondo istituito per le filiere minori tra cui anche la canapa. Tale fondo prevede risorse per gli imprenditori agricoli con un contributo a ettaro, risorse per le imprese di trasformazione (impianti di essiccazione, pulizia del prodotto, stigliatura, ecc.) e risorse per la ricerca (nuove varietà, metodi di controlli veloci del THC, ecc.). Insomma c’è ancora molto lavoro da fare per riportare la canapa ad essere una valida alternativa da reddito per i nostri imprenditori agricoli.