La pianta del tè (Camelia sinensis) è una coltura importantissima in Asia e poi ci piace tanto (il tè è prezioso per la salute umana grazie ai suoi metaboliti benefici). Le piante del tè soffrono di numerosi attacchi di parassiti, uno per esempio è la Cicalina del tè verde, molto tignosa e invasiva, visto che produce solitamente dieci generazioni all’anno. Le ninfe e gli adulti succhiano la linfa cellulare da steli teneri, dalle foglie giovani e germogli, provocando l’ingiallimento, l’imbrunimento e l’essiccazione della pianta. Poi c’è l’antracosi, causata da un patogeno fungino (Colletotrichum fructicola). I sintomi sulle foglie giovani appaiono inizialmente come lesioni impregnate d’acqua, poi le lesioni si espandono nel tempo e diventano necrotiche man mano che la malattia progredisce, portando alla morte cellulare massiccia e alla distruzione dei tessuti. Che si fa in questi casi? Agrofarmaci, ovvio.
Oppure? Oppure, come sta studiando il Dipartimento per l’agricoltura USA, cercare di identificare e quindi chiarire proprio i segnali volativi di difesa delle piante. Gli studi, a proposito del tè, hanno identificato un potente segnale che stimola le difese della pianta. Questo segnale, per farla breve, attiva molte sostanze chimiche legate alla difesa che possiedono proprietà anti-patogeni ad ampio spettro e, quindi, nella sostanza la morale è sempre quella: se avvisiamo le piante per tempo, queste innescano efficaci meccanismi di resistenza contro i suddetti predatori nel tè.
Una pianta importante quella del tè. Che, come canta Ivano Fossati, ha ben piccole foglie e per difenderle – aggiungiamo noi- ci vuole un pensiero grande e una conoscenza profonda.