Lo scrittore Marcel Proust era ossessionato dal tempo. Scorre e trasporta via i ricordi, e i ricordi sono tutto quello che abbiamo. Chi siamo? Siamo i nostri ricordi, ovvio. Chi saremo? Dipende da come leggeremo e rifletteremo sui nostri ricordi. Fatto sta che il tempo scorre e la vita si spreca, dunque, come recuperare il tempo? Proust indicava due modi, attraverso la memoria volontaria, ossia sforzandosi di ricordare e ricostruire razionalmente (volontariamente) quello che è stato, e attraverso a memoria involontaria: un gesto, un sapore, una sensazione ci portano indietro nel tempo e attivano una catena di ricordi. La famosa e sempre celebrata madeleine.
Ripenso a Proust spesso, al suo tentativo di costruire un’arca di Noè piena di tutte le cose che abbiamo vissuto, le sensazioni provate, la luce che abbiamo visto, il buio che ci ha fatto smarrire. Tentavi, in ultima analisi, di allungare la vita, creare frazioni infinitesimali di tempo (cioè di ricordi sui quali concentrarsi) che come rendono la morte più lenta e il tempo più lungo.
Ripenso a Proust soprattutto quando mi rendo conto del tempo sprecato e che potevamo utilizzare meglio, tempo che avrebbe migliorato e forse allungato la vita, invece di mortificarla.
In campo agricolo- in fondo la Recherche di Proust è anche una meravigliosa riflessione sulla botanica, quante rose e fiori e orchidee e alberi e degli effetti della luce sulla natura ci sono nel suo libro – non c’è dubbio: abbiamo sprecato un sacco di tempo. Soprattutto nel settore biotecnologie. Discussioni inutili, spesso senza ragione, ideologie a go go, hanno mortificato la conoscenza e le opportunità che questa da sempre offre affinché noi umani possiamo prendere il testimone dal passato e portarlo più avanti.
Discussioni infinite e infinitamente polarizzate hanno impedito ai ricercatori, agli agronomi di usar euno dei più promettenti strumenti per – ricordiamolo sempre come un mantra- ottenere produzioni bio. Sì, le biotecnologie sono lo strumento più raffinato e sicuro per abbassare la dose di agrofarmaci, realizzando piante più resistenti e più adatte a questo terribile intrigato mondo agricolo, che come si sa muta ogni giorno.
Tempo sprecato. Come recuperarlo? La memoria volontaria, mi sa, non è sempre efficace. Poi la razionalità incute, spesso, timore. Sempre quasi un’imposizione dall’alto. Meglio affidarci alla memoria involontaria.
Se pensiamo proustianamente a una mela, a una pesca a un frutto qualsiasi, a molti di noi verranno in mente dei ricordi. Alcuni di questi sono sentimentali ma anche biotecnologici.
Voglio dire, molti ricercatori, genetisti, biologi ecc. ecc., penseranno con lancinante pena a quegli strumenti che avevano realizzato per salvare alcuni prodotti agricoli dai parassiti e dagli eventi climatici avversi, e che tuttavia sono stati distrutti o bloccati da norme e in ultima sostanza mortificati da un immaginario agricolo vetusto, frutto di un’idea di natura creazionista.
Insomma, chi sa perché pensavamo di vivere in un paradiso terrestre e poi sono arrivati i biotecnologi e ci hanno fatto perdere il giardino fatato.
Vale la pena ricordare attraverso specifiche madeleine i sentimenti e il lavoro di quelle persone che hanno lavorato per anni per raffinare uno strumento senza poterlo utilizzare, nella speranza di recuperare il tempo passato e di costruire anche grazie alle biotecologie (una disciplina ampia) una nuova arca di Noè, una nave rafforzata per muoversi nel nostro mondo.