La demografia, questa sconosciuta: E’ incredibile che solo una volta all’anno, qualcuno, in genere una fonte autorevole o governativa, che sia il Presidente della Repubblica o il Papa affronti la questione demografica, e in genere per parlare di inverno demografico, cioè del basso indice di fertilità che l’Italia ormai irreversibilmente subisce e subirà. Questa è una tendenza che interessa tutto l’Occidente, ed è tra l’altro fortemente correlata con il benessere (e con tutti i cambiamenti strutturali e sociali che questo comporta e produce). E finora, siccome per grandi numeri siamo tutti più benestanti rispetto al passato remoto, non c’è stato modo di invertire la tendenza: solo Africa e parte dell’Asia presentano ancora una popolazione giovane. Per il resto invecchiamo tutti.
Nonostante questi dati, la demografia fa fatica ad entrare nel dibattito pubblico. Un po’ se ne interessano le assicurazioni, per ovvi motivi, un po’ gli specialisti, che come da tradizione non vengono consultati dai policy maker e quindi finiscono, purtroppo, per sbraitare da soli. Oppure, di tanto in tanto, qualcuno a sinistra arriva e dice che la questione dell’inverno demografico verrà risolta dagli immigrati, mentre quelli a destra dicono il contrario: agli italiani devono pensarci le donne italiane.
Giusto una considerazione a latere. Nel libro, La Vergona (Codice Edizioni), il neuropsichiatra Boris Cyrulnik interroga sull’amore due anziane signore italiane, quelle che si possono definire simpatiche vecchiette, con lo scialle nero in testa ma molto arzille. Le due donne gli dissero che avevano donato l’utero a Mussolini, cioè che il loro ruolo era far figli. Ruolo che avevano soddisfatto appieno e con molti sacrifici. Una poi, in un momento di confidenza disse che non aveva mai provato piacere durante l’amore, una volta sola era successo e si era sentita una puttana, perché solo le donnacce provavano piacere.
Lo strumento demografico è di fondamentale interesse, è infatti la base sulla quale si dovrebbero muovere le nostre scelte politiche. L’assenza della demografia nel dibattito pubblico, al contrario, provoca un notevole handicap analitico che poi fa registrare in tutti noi un deficit di immaginazione e di curiosità verso lo stato dell’arte del mondo. Insomma, lo strumento demografico ci pone delle domande. Una popolazione che invecchia farà o non farà scelte di politica economica per favorire la percentuale più rilevante della popolazione, cioè la fascia di età tra i 40 in su, trascurando i giovani? Adotterà o non adotterà correttivi pensionistici.
L’invecchiamento della popolazione spiega anche i sovranismi: Le persone quando invecchiano sono più facilmente vittime del bias del sapere nostalgico, cioè aumentano quelli che sostengono che una volta era meglio, e che non ci sono più i dittatori di una volta. Invecchiando si è più propensi a difendere i confini, l’attaccamento alle radici è più forte. Una serie di esperimenti sociali ci vengono in aiuto.
Un classico esperimento: l’induzione alla morte. Dopo aver visto immagini di morte, incidenti o cose del genere, siamo più propensi a difendere i confini, ad attaccare chi parla male della nostra patria. Qualora sentiamo la fine o veniamo indotti a provare paura per la morte, cerchiamo un appiglio, qualcosa di più grande di noi, alla quale legarci, la famiglia, la città, la nazione. Diventiamo conformisti, crediamo di più nell’autorità e puniamo gli eccentrici. Una popolazione che invecchia è più favorevole ai sovranismi, meno fiduciosa dell’altro.
Il cammino della popolazione mondiale verso ordine ed efficienza (sotto il profilo demografico). Due secoli fa è iniziato un ciclo di crescita vorticoso (dovuto al miglioramento della produzione agricola, all’abbassamento della mortalità infantile, ai vaccini, antibiotici, pratiche igieniche e bagni piastrellati più fognature) che si è esaurito nel mondo prospero, ma è ancora in pieno sviluppo in quel povero. La popolazione del mondo ha toccato il miliardo quando le macchine a vapore cominciavano a rivoluzionare i trasporti, il secondo miliardo dopo la prima guerra mondiale, quando volare diventava il normale mezzo di trasporto, il terzo all’inizio delle esplorazioni spaziali. I miliardi successivi sono stati raggiunti velocemente, con intervalli di 11-12 anni, fino a 8 miliardi nel 2022.
Ci divertiamo a ipotizzare il futuro, anche se questo dipende solo in parte da noi e dal nostro agire quotidiano, ma anche e soprattutto da eventi probabilistici che sfuggono al nostro controllo. Comunque, secondo le Nazioni Unite i numeri del futuro sono questi, in sette per ora conclusivi punti:
- La popolazione mondiale raggiunge 9 miliardi nel 2036, 10 miliardi nel 2062;
- Il tasso d’incremento della popolazione mondiale, attualmente pari 0,8%, risulterà dimezzato nel 2050;
- poiché il tasso d’incremento, di valore decrescente, interesserà una popolazione sempre più numerosa, l’incremento 72 milioni annui nel 2020 scenderà lentamente fino a 40 milioni nel 2050;
- Il valore di 9,7 miliardi per la popolazione dell’anno dipende quasi totalmente dall’effettiva diminuzione del numero medio di figli per donna previsto in discesa da 2,35 del 2020 al 2.15 nel 2050. Ogni decimo di punto in più, o in meno rispetto al valore ipotizzato alla fine del periodo implica, all’incirca, 220 milioni di abitanti in più, o in meno, nel 2050;
- La popolazione dei paesi sviluppati resterà approssimativamente invariato, e tutto l’aumento della popolazione sarà attribuibile alla crescita dei paesi in via di sviluppo;
- forti sono i mutamenti geodemografici. Tra il 2020 e il 2050 il peso della popolazione dei paesi sviluppati scenderà dal 16,3 al 13,2% della popolazione mondiale, il peso dell’Europa scenderà ancor più rapidamente, da 9,5 a al 7.3%. Nel mondo povero aumenterà fortemente il peso della popolazione subsahariana, che passerà dal 14,3% del 2020 al 22,3% del 2050;
- Le ultime proiezioni delle Nazioni Unite si avventurano con spericolatezza fino alla fine del secolo: il mondo toccherebbe i 10 miliardi nel 2062 e raggiungerebbe il livello massimo di 10.3 nel 2079 per scendere a 10 nel 2100, in uno stato di oscillante stazionarietà. Nel 2100, su ogni 100 abitanti del globo, 38 vivrebbero in Africa, una proporzione più che doppia di quella attuale;
Considerato l’aumento della vita media, molti di noi vedranno in parte lo svilupparsi di questo scenario, ma siccome forse non stiamo aggiungendo vita agli anni, piuttosto è vero il contrario, anni alla vita, magari in questo scenario saremo parte del problema, e non sempre la soluzione.
Fonte: Storia minima della popolazione del mondo, Massimo Livi Bacci (il Mulino) che ringraziamo.
Per i dati sulla popolazione consultare
https://www.un.org/development/desa/pd/world-population-prospects-2024